Coronavirus, la testimonianza dal pronto soccorso: “Ai 70enni togliamo lo scafandro, morfina e muoiono. Una tragedia”
Domenica sera. L’Italia lotta contro il coronavirus. Poco prima la protezione civile ha diffuso l’ultimo, terrificante, bollettino: 368 morti in un giorno. Cifre che sconvolgono, lasciano senza parole. Senza fiato. E in quel momento, come in ogni singolo momento da settimane a questa parte, nelle corsie degli ospedali è in corso una battaglia senza quartiere per salvare delle vite umane. Una battaglia straziante, dove le vittime si contano senza sosta. Un dramma. E questo dramma viene raccontato dalla testimonianza inviata a Fabrizio Biasin da una persona che in quelle corsie, in quegli ospedali, ci lavora. Una testimonianza che abbiamo scelto di pubblicare, senza svelare la struttura di cui si sta parlando né la fonte.
“Caro Fabrizio, mi fa piacere sentire finalmente qualcuno che utilizza parole schiette per parlare di questa pandemia che ci sta uccidendo”, premette il mittente, riferendosi alla campagna della firma di Libero sui social per convincere le persone a stare a casa. Già: statevene a casa. “Io sono un medico di pronto soccorso della Lombardia – prosegue -, e ho avuto la fortuna di essere a casa in gravidanza, ma naturalmente ho costante aggiornamento da parte dei colleghi. I miei colleghi sono distrutti. Dopo il turno di lavoro piangono in auto verso casa, perché si sentono impotenti. La gente muore, muore soffocata. Da sola. Senza potere vedere i propri cari per l’ultima volta. Si toglie lo scafandro al 70enne iniziando la morfina e facendolo morire (70enne che fino al giorno prima curava i nipotini ) per metterla a qualcuno di più giovane”, rivela. E tanto dovrebbe bastare a convincere chi ancora stenta a comprendere la gravità di questa emergenza.
“Abbiamo l’ospedale pieno di pazienti di Bergamo, dove per vili interessi economici le aziende non hanno isolato quando era già il caso, perché è da subito dopo Codogno che ci sono stati i primi casi (di cui nessuno ha parlato) – riprende -. È una tragedia. Speriamo che le restrizioni di questa ultima settimana ci permettano di respirare, ma sarà lunga… e sarà tragica. Non riesco a dire che andrà tutto bene, perché non vedo la fine. Nonostante ciò manteniamo quel briciolo di ottimismo e speriamo che si trovi in fretta la terapia giusta. Buona serata casalinga!”, conclude. Biasin, sui social, aveva già rilanciato la testimonianza: “Ricevo e pubblico. Così magari anche gli ultimi affezionati alla passeggiata al parco in compagnia capiscono a che punto siamo arrivati”, chiosava.