Roma, medici e infermieri costretti a usare mascherine “fai da te”
C’è chi, come l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, ieri le aveva paragonate a “carta igienica”.
Alcune organizzazioni sindacali, in modo più diplomatico, le hanno definite simili ai panni antistatici per spolverare. Su una cosa sono tutti d’accordo: le mascherine inviate negli ospedali italiani dalla Protezione civile non servono a nulla. E non sono neppure certificate dall’Unione europea.
“Sono state tutte ritirate, non vanno bene per infermieri e medici”, ha spiegato ieri Gallera. E in attesa che il governo si attrezzi per fornire i dispositivi di protezione professionali a chi ogni giorno è impegnato in corsia nella lotta contro il Covid-19 sono decine i medici infettati in tutta Italia. Anche a Roma il numero dei contagiati fra i camici bianchi viene definito “significativo” dall’Ordine dei medici.
“Stiamo per ripetere, con gli stessi errori, quanto successo in Lombardia dove vi sarebbero centinaia di professionisti della salute contagiati, tale grave situazione non può che compromettere l’efficacia dell’assistenza sanitaria regionale, resa ancora più drammatica dalla carenza di medici”, spiega il presidente, Antonio Magi. Insomma, un chirurgo, un anestesista, un rianimatore, un infermiere, che si infetta, è un soldato in meno sul campo di battaglia. La situazione sarebbe talmente drammatica che, denuncia il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, “medici e operatori sanitari, in taluni casi, sono stati costretti a ricavare mascherine dalle lenzuola dismesse”.
Ieri anche il Nursind, sindacato degli infermieri, ha diffidato la Regione Lazio sull’utilizzo dei dispositivi non a norma. Le stesse mascherine distribuite dalla Protezione in Lombardia, e ritirate dalle autorità regionali, sono state consegnate anche in diverse Asl della Capitale. Stefano Barone, segretario provinciale della stessa organizzazione sindacale, ieri aveva denunciato come fossero simili a “stracci” per la polvere. Il sindacato degli operatori sanitari chiede che vengano restituite al mittente, a costo di intentare azioni legali. “Non si affrontano le emergenze mettendo in pericolo gli operatori”, è la denuncia dell’organizzazione.
Le mascherine distribuite dalla Protezione civile negli ospedali italiani
Anche Cgil, Cisl e Uil, denunciano “inefficienze organizzative insopportabili e molto pericolose per la salute pubblica”. “Non possiamo non sottolineare per l’ennesima volta come persista in maniera diffusa una intollerabile situazione relativa alla scarsità e alla inadeguatezza nella diffusione dei dispositivi di protezione individuali che riguarda sia le strutture sanitarie che le strutture sociosanitarie residenziali del nostro paese”, scrivono i sindacati in una lettera indirizzata al premier Giuseppe Conte e al ministro della Salute, Roberto Speranza.
Le “mascherine in tessuto sintetico” distribuite in queste ore dalla Protezione civile, attaccano le tre organizzazioni,”non possiedono i requisiti necessari per garantire l’adeguata protezione a chi opera nelle strutture direttamente dedicate alla cura del Covid-19″. Questa situazione, viene sottolineato ancora nella missiva, “oltre a mettere a repentaglio la salute degli operatori e delle persone che in ambito lavorativo e privato entrano in contatto con loro, sta generando un diffuso e fortissimo malumore in un personale che è sottoposto ad un carico materiale ed emotivo senza precedenti nella storia repubblicana”.
Oggi la Consip ha annunciato la “contrattualizzazione” di “forniture per oltre 30 milioni di mascherine chirurgiche, più di 7milioni di guanti e oltre 13 milioni di tute, camici, calzari, cuffie e camici, ancora da assegnare da parte della Protezione civile”. Ma per ora nei reparti i dispositivi sono “razionati”, denunciano i sindacati. Un carico di mezzo milione di mascherine, intanto, dovrebbe arrivare a Roma nei prossimi giorni a bordo di un volo speciale. Sono quelle donate dalla fondazione di Jack Ma, il miliardario cinese fondatore di Alibaba.
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