Il virus che ci ha fatto scoprire chi siamo

Silenzioso, microscopico ma estremamente violento, il coronavirus ha saputo rovesciare completamente le priorità non solo degli individui, ma anche degli Stati. È bastato un attimo, le prime avvisaglie di focolai in giro per l’Italia, poi il rischio di contagi ovunque e l’inizio dell’orrenda conta dei morti, per modificare radicalmente il nostro presente. La politica italiana, europea e mondiale si è fermata. Sospesa nel tempo. Il coronavirus, questo nemico che tutti abbiamo imparato a conoscere ma che ancora non sappiamo sconfiggere, ha livellato di colpo ogni Paese, ogni certezze, ogni discussione. Tutto finito, tutto sospeso a data da destinarsi. Il mondo è fermo, perso nell’incertezza e a caccia di una speranza.

Ma nel silenzio assordante della quarantena italiana, e mentre il mondo inizia a reagire (ognuno a modo suo) alla pandemia di coronavirus, questo virus qualche certezza inizia a darla. E va da sé che il quadro è decisamente desolante, ma anche utile a capire la vacuità di tanti messaggi, slogan e sogni raccontati da un mondo di intellettuali e benpensanti forse troppo concentrati sui propri desideri da accorgersi della realtà così diversa dalle aspettative.

Il coronavirus passa sul mondo come una livella. Senza alcuna possibilità di replica

L’idea di una globalizzazione imperante e anche possibile da cavalcare si è schiantata di fronte all’evidenza che è proprio il sistema globalizzato ad aver incentivato (inconsciamente) la propagazione del Covid-19. In un attimo le merci si sono fermate, il trasporto aereo e navale, simbolo di questo mondo dedito al commercio e agli spostamenti, si è paralizzato.

Ma la globalizzazione non è la sola preda di questo virus. Il contagio ha colpito anche le certezze del mercato  delle logiche del liberismo sfrenato, che hanno visto in un attimo cancellare ogni traccia dei propri trionfi. La quarantena ha fatto registrare la giornata peggiore della storia di Piazza Affari, Wall Street è crollata in un profondo rosso senza precedenti. Centinaia di miliardi di euro andati in fumo in solo una seduta di Borsa: facendo scomparire i guadagni mesi di titoli che pompavano a rotta di collo. La fiducia nella finanza si è spenta di fronte a qualcosa che nessuno può realmente controllare: un agente patogeno. Il panico ha spinto i mercati a reagire impazziti e gli investitori a fuggire nei cosiddetti beni di rifugio. Sembra la guerra: ma in realtà non ci sono armi.

Ma la guerra esiste, anche se molti non la vedono. Ed è quella che si combatte ogni giorno in un’Europa dilaniata da questa emergenza pandemica che di sicuro ha avuto la “capacità” inconsapevole di mettere ko un carrozzone istituzionale privo di qualsiasi forza e potere. L’Unione europea non l’ha fermata Donald Trump, non l’ha fermata la Cina, non l’ha fermata nemmeno la Russia di Vladimir Putin. Il vero nemico dell’Unione europea è l’Unione europea stessa, che nell’arco di pochi giorni ha saputo dissolversi come se non fosse mai esistita.

Per anni ci è stato detto che era l’Europa unita il nostro vero traguardo, che la Brexit è stato il simbolo del tradimento, che le magnifiche sorti e progressive di Bruxelles sarebbero state il nostro sol dell’avvenire, che i veri leader europeisti erano quelli che sedevano a Parigi e Berlino e loro sapevano come far marciare compatta l’Europa vero un radioso futuro. E invece sono bastati pochi giorni di allarme per cancellare qualsiasi tipo di certezza anche nei più fervidi sostenitori della costruzione europea.

Nessuno ha prestato soccorso all’Italia in difficoltà. Nessuno ha risposto alla richiesta disperata di nuovi ventilatori polmonari, nessuno ha inviato medici e infermieri per dare man forte, nessuno ha pensato di ordinare ai propri “investitori” di non speculare sulla Borsa che crollava puntando gli asset strategici italiani (un pericolo ricordato anche dalla guida del Copasir, Raffaele Volpi). Confini chiusi, fabbriche sigillate, telefonate senza risposta, timide aperture sul debito mentre si pompano miliardi nei propri sistemi economici in barba a ogni obbligo imposto da Maastricht.

Di fronte al pericolo l’Europa non si è solo dileguata, si è completamente rovesciata. Il sovranismo “sanitario” l’ha fatta da padrona, l’ordine è stato quello di cercare prima l’untore, poi di colpirlo, poi di blandirlo con parole di stima e infine di isolarlo e giocare anche al massacro. Sono pochi coloro che hanno espresso solidarietà all’Italia: molti di più quelli che hanno invece voltato le spalle, sperando che ciò che accadeva in Lombardia potesse solo lontanamente colpire gli altri.

E nel frattempo l’altra Europa, quella euroburocratica, è andata avanti: con la riforma del Mes, con i trattati, con gli accordi per spartirsi la Libia, con lo strappare contratti vantaggiosi nel mercato agroalimentare, nel saccheggiare quote di turismo dando un’immagine pestilenziale dell’Italia. Addirittura aprendo agli aiuti di Stato, alle nazionalizzazioni (quelle per cui l’Italia è messa nel mirino) e alle scelte autarchiche in campo medico e sanitario. Fino al colpo di grazia di una Christine Lagarde che dice che lei, con lo spread, non può fare proprio niente: quasi ridendo della sorte del nostro debito.

Arriverà un giorno in cui tutti i leader europei si riuniranno di nuovo intorno a un tavolo e discuteranno di altro. Forse di una politica agricola comune, forse di un nuovo fondo per “salvare” Stati in difficoltà, forse di un nuovo piano per distribuire migranti arrivati dalla Libia o dalle coste turche, o magari per un fantomatico progetto ecologista con le bacchettate furiose di una ragazza scandinava dalle bionde trecce. Arriveranno i summit, gli incontri di palazzo, le cene istituzionali e i grandi vertici in ville e residenze. Si spera anche presto, perché vorrà dire ce l’emergenza coronavirus sarà finita.

Ma chiunque siederà a Palazzo Chigi dovrà guardare negli occhi i propri interlocutori e ricordarsi di questo: che per alcune settimane il mondo è stato in balia del coronavirus. E per quelle poche settimane, l’Europa è scomparsa voltando le spalle a chi ne aveva bisogno. L’Europa, come la stragrande maggioranza dei contagiati di questo virus, probabilmente sopravviverà: ma niente sarà più come prima.

il giornale.it

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