Coronavirus, rabbia operai per fabbriche aperte: “Noi carne da macello”
All’indomani del decreto “Italia protetta” del governo contro il coronavirus, che di fatto chiude – seppur a metà il Paese, esplode la rabbia delle fabbriche.
Già, perché la decisione dell’esecutivo giallorosso di costringere alla serrata diverse tipologie di negozi e di attività commerciali, lasciando invece aperti gli stabilimenti produttivi non è stata ben accolta dai diretti interessati.
Operai e sindacati, infatti, sono sul piede di guerra e sono numerosi gli allarmi e gli scioperi che si registrano in tutto il Nord Italia: oltre alla provincia di Mantova e di Brescia, anche in Piemonte – e in altre regioni dello Stivale, come Umbria e Lazio – si registrano manifestazioni di protesta per chiedere che all’interno delle fabbriche vengano garantiti ai lavoratori gli adeguati livelli di sicurezza e anti contagio da Covid-19.
Francesca Re David, segretaria generale della Fiom, attacca durante il governo Conte definendo “inaccettabile” l’assenza nel nuovo decreto ministeriale “misure e iniziative volte alla protezione dei lavoratori che stanno garantendo la tenuta economica del Paese in una condizione di grave emergenza”. La sindacalista, dunque, chiede “al governo la convocazione urgente di un confronto per affrontare la situazione di emergenza dei lavoratori metalmeccanici”, e invita stituzioni a “mobilitarsi da subito per iniziative tese a verificare che ai lavoratori siano garantite dalle imprese le condizioni di salute e sicurezza anche attraverso fermate per una riduzione programmata delle produzioni”.
In provincia di Brescia, è il segretario locale della Cgil a fare da megafono alle preoccupazioni e alle istanze degli operai, che hanno incrociato le braccia nel al grido di “non siamo carne da macello”. Francesco Bertoli, come registrato da La Repubblica, ha fatto sapere che il sindacato “sta discutendo con le aziende per capire come affrontare questa situazione. Registriamo scioperi in quattro o cinque realtà. Ci sono aziende anche grandi che si sono fermate, mentre altre che per motivi di commesse legate a penali, sono in difficoltà e non possono sospendere la produzione. Il nostro obiettivo è quello di riuscire ad ottenere quantomeno delle riduzioni di orario per garantire la sicurezza agli operai”.
Cgil, Cisl e Uil Lombardia hanno scritto al Presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana e ai componenti del Tavolo di Segreteria del Patto per lo sviluppo chiedendo la convocazione urgente del Tavolo per dare attuazione a quanto previsto dal Decreto sul contenimento del coronavirus nei luoghi di lavoro. La triade sferza e pretende “un accordo tra le organizzazioni datoriali e sindacali che definisca le modalità di attuazione delle misure previste sulla sospensione immediata delle attività nelle aziende che non sono in grado di realizzare misure di sicurezza e, primariamente, l’identificazione delle aziende che, per la loro attività e produzione di beni e servizi, sono da considerarsi indispensabili nella attuale situazione di grave e crescente emergenza sanitaria e, come tali, da non sospendere”.
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