Drammatico sfogo del medico: “Con 3 organi colpiti è andato”
“State a casa, state a casa”. A ripeterlo, in un’intervista al Corriere della Sera, è un anestesista rianimatore dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, uno dei centri messi alla prova dall’espandersi dell’epidemia da coronavirus in Italia.
Qui, dice, “si cerca di salvare la pelle solo a chi ce la può fare”, come si fa nelle situazioni di guerra.
Il medico spiega che “all’ interno del Pronto soccorso è stato aperto uno stanzone con venti posti letto. È qui che viene fatto il triage, ovvero la scelta”. Gli operatori sanitari sono chiamati a decidere, in base a “età e per condizioni di salute”: è la stessa procedura che si attua nelle situazioni di guerra, che vengono riportate sui manuali su cui l’anestesista ha studiato. Nei posti letto dello “stanzone” vengono, infatti, accolti solo i pazienti che presentano insufficienza respiratoria causata dal Covid-19, che vengono messi “in ventilazione non invasiva”. Poi, “al mattino presto, con i curanti del Pronto soccorso, passa il rianimatore. Il suo parere è molto importante”, perché oltre all’età e alle condizioni generali di salute, un altro elemento che determina la scelta “è la capacità del paziente di guarire da un intervento rianimatorio”. Subito dopo, avviene la scelta.
“La ventilazione non invasiva è solo una fase di passaggio- spiega-Siccome purtroppo c’è sproporzione tra le risorse ospedaliere, i posti letto in terapia intensiva, e gli ammalati critici, non tutti vengono intubati”. Al momento, non esiste nessuna regola scritta: “Per consuetudine, anche se mi rendo conto che è una brutta parola, si valutano con molta attenzione i pazienti con gravi patologie cardiorespiratorie, e le persone con problemi gravi alle coronarie, perché tollerano male l’ipossia acuta e hanno poche probabilità di sopravvivere alla fase critica”, spiega l’anestesista. Invece, “se una persona tra gli 80 e i 95 anni ha una grave insufficienza respiratoria, verosimilmente non procedi. Se ha una insufficienza multi organica di più di tre organi vitali, significa che ha un tasso di mortalità del cento per cento. Ormai è andato”.
In questo caso, il paziente non ha più speranze: “Non siamo in condizione di tentare quelli che si chiamano miracoli. È la realtà”, spiega l’anestesista, che sottolinea come anche normalmente si valuterebbe caso per caso, “discrezionalità” che ora vienne applicata “su larga scala”. E a chi sostiene che la morte di alcuni soggetti sia dovuta a patologie pregresse e non specificatamente a coronavirus, l’anestesista risponde: “Questa che non muoiono di coronavirus è una bugia che mi amareggia. Non è neppure rispettosa nei confronti di chi ci lascia. Muoiono di Covid-19, perché nella sua forma critica la polmonite interstiziale incide su problemi respiratori pregressi, e il malato non riesce più a sopportare questa situazione. Il decesso è causato dal virus, non da altro”.
Una situazione che mette a dura prova anche i medici: “Alcuni ne escono stritolati”, spiega l’anestesista, che sottolinea come ogni scelta sia “basata sul presupposto che qualcuno, quasi sempre più giovane, ha più probabilità di sopravvivere dell’altro. Almeno, è una consolazione”. E avverte: “Tanti miei colleghi stanno accusando questa situazione. Non è solo il carico di lavoro, ma quello emotivo, che è devastante. Ho visto piangere infermieri con trent’ anni di esperienza alle spalle, Gente che ha crisi di nervi e all’improvviso trema”. È questa, ora, la situazione negli ospedali e a risentirne sono anche i pazienti affetti da altre patologie, che nulla hanno a che fare con l’epidemia: “Normalmente la chiamata per un infarto viene processata in pochi minuti. Ora può capitare che si aspetti anche per un’ora o più”.
La soluzione, per contenere l’epidemia e cercare di dare un aiuto ai medici e agli infermieri che lottano per salvare la vita ai pazienti è solo una: “State a casa. State a casa. Non mi stanco di ripeterlo. Vedo troppa gente per strada. La miglior risposta a questo virus è non andare in giro. Voi non immaginate cosa succede qui dentro. State a casa”.
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