Coronavirus, Conte chiude la Lombardia e 14 province
È notte fonda quando il premier Giuseppe Conte firma il decreto che mette in quarantena la Lombardia e altre 14 province del Nord Italia dividendo, di fatto, il Paese in due.
“È un’emergenza nazionale che stiamo affrontando con determinazione e coraggio. Ce la faremo”, promette il presidente del Consiglio alle 3.30, dopo che l’ennesimo balzo in avanti nel conteggio dei contagiati e dei decessi ha obbligato l’esecutivo a introdurre restrizioni ancor più stringenti per provare a contenere l’epidemia da coronavirus.
Ieri sera una strana fuga di notizie aveva già anticipato il contenuto del Dpcm che di lì a qualche ora Conte avrebbe firmato. In realtà le misure urgenti per contenere il virus cinese sono ancora più stringenti di quello che era circolata. Le aree messe in quarantena sono la Lombardia e 14 province (Parma, Piacenza, Rimini, Reggio-Emilia, Modena, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria, Verbano-Cusio-Ossola, Novara, Vercelli e Asti) mentre restrizioni di natura preventiva sono previste per tutto il territorio nazionale. “Stiamo affrontando un’emergenza nazionale senza sottovalutarla, abbiamo scelto il criterio della trasparenza. Ci stiamo muovendo con determinazione e coraggio”, ha spiegato il premier tracciando i due obiettivi perseguiti dall’esecutivo, e cioè “contenere la diffusione del contagio” ed “evitare il sovraccarico delle strutture ospedaliere”. “Non possiamo dedicarci ad una sola modalità, servono entrambe”, ha continuato spiegando, in conferenza stampa, il contenuto del decreto che, al di là delle province coinvolte, è sostanzialmente identico a quello anticipato ieri sera.
Le nuove misure, che entrano in vigore già oggi, varranno fino al 3 aprile, “salvo diverse disposizioni”. Il decreto cancella le “zone rosse” e allarga l’area di quarantena. “Non c’è più motivo di tenere confinate le persone di Vo’ e del lodigiano”, ha spiegato Conte stesso annunciando che in Lombardia e nelle 14 province confinate ci sarà “un vincolo” che limiterà “gli spostamenti nel territorio”. I cittadini di queste zone potranno entrare e uscire soltanto “per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità e di emergenza”. A chi ne abbia l’esigenza sarà comunque consentito il rientro a casa. Non un divieto assoluto di movimento, quindi, ma “una ridotta mobilità”. “Non possiamo più permetterci aggregazioni”, ha avvertito il premier annunciando la sospensione delle attività didattiche nelle scuole e nelle università, delle cerimonie e delle manifestazioni e la chiusura dei luoghi di aggregazione come i musei e i luoghi di cultura. “Sono consentite attività di ristorazione nel rispetto della distanza di sicurezza di almeno un metro”, ha continuato avvertendo, tuttavia, che i gestori “che non faranno rispettare le norme” incorreranno in pesanti sanzioni. Gli eventi sportivi di atleti professionisti e categorie assolute dovranno, infine, svolgersi, a porte chiuse o all’aperto senza presenza di pubblico.
“Ci rendiamo conto che tutte queste misure imporranno sacrifici”, ha ammesso Conte invitando tutti i cittadini ad aderirvi e a non “pensare di essere furbi”. “Dobbiamo tutelare la salute, dei nostri cari e soprattutto dei nostri nonni”. La preoccupazione maggiore del governo è legata alle strutture ospedaliere che, in queste settimane, sono in prima linea nel contrastare il coronavirus. Alcune di queste sono già in difficoltà. Ieri sera i medici delle terapie intensive della Lombardia ha denunciato una situazione già al limite. “Se non si faranno interventi drastici – hanno lamentato – si rischierà una calamità sanitaria”. Per far fronte all’emergenza è stato predisposto il vincolo obbligatorio della solidarietà interregionale. C’è, infatti, la possibilità di redistribuire pazienti tra le varie regioni. A fronte di tutto questo, però, Conte ha chiesto a ognuno di fare la propria parte e a tenere “comportamenti responsabili”. “Dobbiamo entrare nell’ottica che ci sono regole da rispettare”.
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