Primo contagio europeo in Germania a gennaio: “Poi l’infezione in Italia”
Contrordine, compagni. Dopo lo spauracchio dell’untore italiano, l’Europa scopre l’untore tedesco. Sembra essere stato un uomo di Monaco di Baviera, 33 anni, il primo europeo ad aver contratto il nuovo coronavirus, per poi diffonderlo a sua insaputa, visto che in pochi giorni la febbre è passata senza che nessuno si sia accorto del suo contagio e della conseguente infettività.
Lo dicono medici ed esperti di vari istituti tedeschi, dall’University Hospital Lmu di Monaco all’Istituto di Microbiologia delle Forze Armate di Berlino, che hanno scritto per segnalare il caso alla rivista più autorevole e prestigiosa fra i periodici medici internazionali, il New England Journal of Medicine. Il «paziente uno», un uomo d’affari di Monaco in buona salute, ha accusato i primi sintomi il 24 gennaio – tosse, mal di gola, brividi e febbre a 39.1 – ma il 27 gennaio è tornato al lavoro. Tra il 20 e il 21 aveva partecipato a incontri con una collega tornata dalla Cina (durante la visita di lei in Germania fra il 19 e il 22 gennaio, senza alcun problema di salute). La donna si è sentita male sul volo di ritorno in Cina, dove è risultata positiva al Covid-19 il 26 gennaio, per poi avvisare la sua azienda il giorno successivo. A quel punto sono stati testati i colleghi che avevano avuto contatti con lei, alcuni dei quali risultati positivi. Cosa ci dice questo caso? Lo spiega Netxstrain, il progetto open source che traccia l’evoluzione dei virus (diretto dal gruppo guidato da Trevor Bedford, del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle). La mappa genetica pubblicata sul sito ricostruisce la circolazione del virus e ci dice che è dalla Germania che l’epidemia sembra sia partita per poi diffondersi in Europa e forse altrove, visto che molti dei casi di contagiati (anche in Brasile e Messico) sembrano geneticamente simili a quello di Monaco. In Italia il virus è stato rilevato invece il 31 gennaio su due turisti cinesi mentre il focolaio in Lombardia è stato individuato il 21 febbraio. E poi? L’analisi degli esperti tedeschi e americani ci dice che il virus può trasmettersi anche in assenza di sintomi, durante il periodo di incubazione, oltre che dopo la fine dei sintomi (circostanza già nota ma che deve far tenere alta la guardia sui pazienti dimessi dagli ospedali).
Ma la novità mette in luce anche la diversa reazione alla crisi di medici, esperti e governi europei. Ieri in Germania, dopo la notizia, sono stati rilevati 109 nuovi casi in 24 ore, per un totale di 400 contagiati. Frutto di un’esplosione del problema o frutto solo di una rilevazione più accurata e di tamponi più numerosi? «C’è qualcosa che non mi torna – spiega Matteo Bassetti, direttore della Clinica delle Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova e presidente della Società italiana terapia anti-infettiva – O i nostri dati sono sovrastimati, ovvero abbiamo messo nel calcolo chi è morto anche e non per il coronavirus, o Francia e Germania non dicono la verità». In Francia ci sono 6 morti su 423 casi (138 in più rispetto a mercoledì), in Germania nessuna vittima. «Com’è possibile?», si chiede Bassetti.
Intanto il pallottoliere dei contagi lievita in Europa. Come la Svizzera, anche la Gran Bretagna registra la prima vittima su 116 casi mentre è boom di contagi in Olanda, dove l’Istituto nazionale per la sanità pubblica ha aggiornato il numero dei positivi al tampone: 44 nuovi infettati, che portano a 82 il numero totale. Il Festival di Cannes è a rischio in Francia, la Grecia chiude le scuole. Fuori dall’Europa, Betlemme chiude la Basilica della Natività e la Corea del Sud supera i seimila contagi, confermandosi secondo Paese più infettato del mondo dopo la Cina (oltre 80mila casi) e prima dell’Italia, seconda per numero di vittime: 148 morti su 3858 contagiati.
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