“Ecco perché le chiese non dovevano essere chiuse”
Le chiese, per più di qualche cattolico, sarebbero dovute rimanere aperte. Con ogni probabilità, più di qualche medico storcerà il naso dinanzi a questa affermazione. Il Professor Roberto De Mattei, presidente della Fondazione Lepanto, ha domandato a grande voce la riapertura delle piscine di Lourdes.
Anche su questo aspetto ci sarebbe da discutere. Ma il “fronte tradizionale” – così come viene spesso chiamato – sembra certo della natura paradossale di certe contromisure adottate dalle autorità ecclesiastiche per evitare la diffusione dei contagi da coronavirus.
Professor De Mattei, condivide la scelta di chiudere le chiese in relazione alla diffusione del coronavirus?
No, non la condivido affatto. Il coronavirus ci pone in una situazione di emergenza, ma nelle situazioni di emergenza il ruolo dei sacerdoti è analogo a quello dei medici. Mi spiego: i sacerdoti devono svolgere sul piano spirituale e morale quello che i medici svolgono sul piano sanitario. I sacerdoti per la cura delle anime, i medici per la cura dei corpi. I consacrati devono essere a disposizione della comunità. Gli ospedali devono essere aperti, certo, ma anche le chiese. Così come tutti i luoghi di ospitalità.
Dunque “sigillarsi” non è cattolico?
Il problema è che la chiusura delle chiese è espressione di una certa impermeabilità spirituale, che oggi dimostrano di avere le autorità ecclesiastiche italiane e non. Chiudendo le chiese, riducendo le messe, togliendo l’acqua benedetta dalle acquasantiere, sconsigliando assembramenti di fedeli, si rinuncia alla missione delle autorità ecclesiastiche stesse.
Ma non è sempre stato così in casi come questi?
Nel 1576, quando scoppiò la peste di Milano (non quella di Manzoni), brillò la carità di San Carlo Borromeo, che si oppose ai magistrati della città che avrebbero voluto proibire le processioni e le preghiere collettive dei fedeli. Borromeo si impuntò. E al centro della città, nel pieno della peste, si svolsero tre grandi processioni in tre giorni diversi. Il cardinale e arcivescovo della città di Milano le guidò a piedi scalzi. Questo è il modo di comportarsi dei pastori nei momenti drammatici della storia.
Ma non avere paura della morte, in questa fase, non è irresponsabile?
No, nei momenti di catastrofe naturale – come questo che riguarda un’epidemia – è giusto che vengano prese tutte le precauzioni possibili, ma accanto alle precauzioni indispensabili e materiali esistono anche quelle spirituali. Una di queste è la preghiera, che deve essere pubblica. Dove non arriva la medicina, può arrivare Dio, a cui tutto è possibile. Nella storia della Chiesa, dai tempi di San Gregorio Magno ad oggi, i cristiani si sono sempre riuniti per contrastare le epidemie. Come? Invocando l’aiuto di Dio. Non si tratta di non avere paura della morte, ma per scampare dalla morte spirituale e fisica bisogna usare anche il rimedio della preghiera.
Per questo si è scagliato contro la chiusura delle piscine di Lourdes?
Quello è il provvedimento più paradossale e contraddittorio tra quelli adottati dalle autorità ecclesiastiche. Se c’è un luogo che, per antonomasia, guarisce i corpi e le anime quello è proprio Lourdes. Ci si immerge nelle piscine proprio perché queste ultime hanno una caratteristica miracolosa: nonostante la patologie dei pellegrini, spesso contagiose, nessuno, in 160 anni, è mai stato infettato.
Lei andrebbe a Lourdes in questa fase?
Se io conoscessi un malato di coronavirus, gli consiglierei di andare a Lourdes. E se io fossi a Lourdes e mi trovassi accanto un malato di coronavirus, sarei certo di non poter essere contagiato. Lourdes protegge di più di una mascherina o di un disinfettante. Chiudere Lourdes vuol dire rinunciare a credere al carattere miracoloso di Lourdes.
Quindi questa “Chiesa in uscita” o “ospedale da campo” si è chiusa a riccio secondo lei?
La Chiesa, così facendo, abbandona le corsie dei suoi ospedali. Chiudere Lourdes vuol dire abbandonare un centro di eccellenza delle guarigioni ecclesiastiche.
Quindi lei non avrebbe chiuso niente?
Avrei chiuso cinema, luoghi pubblici ecc.. Condivido le misure restrittive delle autorità. E penso che la situazione sia più grave di come ci viene presentata. Ma l’unica misura non restrittiva che avrei preso avrebbero riguardato le chiese. La decisione di rimuovere l’acqua benedetta dalle acquasantiere è assurda. Significa equiparare quell’acqua a qualsiasi altro liquido. Ma l’acqua benedetta, per un cristiano, è molto più efficace di qualsiasi amuchina. Questa scelta è comprensibile solo se si vive nell’ateismo teorico o pratico, non se si vive la fede cristiana.
il giornale.it