I cinesi toscani sognano la fuga: “Meglio tornare a casa”

L’epidemia del coronavirus ha provocato reazioni irrazionali in tutta Italia. C’è chi si è riversato in massa nei supermercati per acquistare scorte di ogni tipo, chi si è subito munito di mascherina e disinfettante per le mani e chi, purtroppo, ha sfogato le sue paure contro la comunità cinese presente sul territorio italiano.

Il terrore ha reso valida un’equazione pericolosa: dal momento che il Covid-19 ha avuto origine in Cina, ogni cinese è un potenziale untore da isolare. Numerosi cittadini asiatici – molti dei quali ben integrati nel sistema italiano – hanno denunciato di essere stati malmenati senza un motivo apparente, mentre altri sono hanno invece subito raid all’interno delle proprie attività commerciali.

Il coronavirus, insomma, ha spaventato gli italiani. Ma anche la comunità cinese, giorno dopo giorno, inizia ad aver paura. Prendiamo la Toscana, regione che ospita una nutrita schiera di persone provenienti dall’ex Impero di Mezzo (solo a Prato vivono 25mila cinesi). Dal momento che molti di loro devono ancora rientrare dalla Cina dopo aver trascorso in patria le festività per il Capodanno cinese, l’allarme per la possibile diffusione del Covid-19 nell’area pratese e fiorentina ha reso il clima incandescente.

Fino a pochi giorni fa la polemica, dai toni molto duri, contrapponeva chi chiedeva alle autorità di allestire strutture temporanee per accogliere i cinesi provenienti dal loro Paese e chi non aveva alcuna intenzione di farlo. Sveliamo l’identità dei soggetti: i primi erano gli stessi cinesi che vivono in Toscana, il secondo il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. Alla fine i cinesi rientrati sono stati sottoposti sì a una quarantena ma volontaria.

La comunità cinese in Toscana ai tempi del coronavirus

In uno scenario del genere, in cui al rischio per l’incolumità fisica si aggiunge l’incertezza derivante dalla gestione dell’emergenza da parte delle istituzioni italiane, si scopre che in Toscana alcuni cinesi preferiscono addirittura fuggire in Cina e affrontare là, oltre la Muraglia, la quotidianità ai tempi del coronavirus.

Sembra un paradosso ma è così. La comunità toscana, localizzata per lo più tra Firenze e Prato, più che invocare comprensione, aveva chiesto fin da subito strutture in cui scontare un periodo di quarantena obbligatoria. Vista la risposta negativa, c’è chi ha pensato bene di scappare in Cina.

“Ho parenti e amici che stanno cercando un biglietto a buon prezzo per tornare a casa”, racconta Maurizio, un ragazzo originario dello Zehijang e in Italia da 30 anni. Adesso risiede e lavora a Firenze, dove recentemente è stato in quarantena per un mese di sua spontanea volontà pur non avendo fatto viaggi all’estero. Sua moglie fa parte del gruppo di cinesi che deve rientrare in Toscana dalla Cina. Sono circa 700. Molti dovevano essere già rientrati. La paura li ha tuttavia fatti desistere. “Mia moglie – spiega Maurizio – è andata in Cina a dicembre. Doveva tornare in Italia il 18 febbraio ma ha sostituito il biglietto. Tornerà a maggio, come moltissimi altri”.

Meglio restare in Cina

I motivi che spingono i cinesi toscani a restare in Cina sono molteplici. La paura di subire aggressioni immotivate, certo, ma anche la paura per gli affari che non vanno a gonfie vele. A Prato e Firenze quasi tutti i cinesi lavorano nella produzione di accessori moda e vestiti. I principali clienti dei loro negozi sono fornitori che vengono da altre parti d’Europa: Germania, Francia, Polonia, Romania. Questi clienti, a causa del coronavirus, potrebbero evitare l’Italia come la peste. E così, prevedendo un calo di lavoro, molti cinesi preferiscono fare i bagagli e tornare in Cina per un po’ di tempo.

C’è poi un terzo tipo di paura: quella del coronavirus. “In Italia regna troppo il politically correct – racconta Maurizio – Di solito i cinesi non sono questo tipo di persone e fanno quello che deve essere fatto”. Tradotto: se c’è un’emergenza e serve la quarantena, che quarantena sia. L’Italia, al contrario, non sta dando risposte coordinate e i cinesi, così come gli stessi italiani, se ne sono accorti.

Se ci dovesse essere un’epidemia in un Paese diverso dalla Cina, i cinesi sanno che nessun governo sarà mai in grado di attuare le misure che potrebbe invece mettere in campo Pechino. Per capire di cosa stiamo parlando basta ascoltare Maurizio: “L’epicentro è a Wuhan ma anche nelle altre zone della Cina prendono la cosa molto sul serio. Io sono dello Zhejiang. Dalle mie parti, due volte al giorno, le autorità vengono a casa tua a misurarti la temperatura corporea. Gli spostamenti sono limitati e ci si può muovere solo due ore al giorno. A fare la spesa può andare un solo membro della famiglia”.

Fra sicurezza e percezione

Agli occhi dei cinesi il modus operandi di Pechino è decisamente più sicuro rispetto a quello italiano. “Le autorità toscane – sottolinea Maurizio – sanno che se hai la febbre il governo cinese non ti fa salire sull’aereo di ritorno. Ecco perché in Toscana non vogliono costruire centri per i cinesi che rientrano. Perché sanno che queste persone sono sane. Ma in un clima del genere come puoi convincere i cittadini italiani a credere che i cinesi che tornano sono più sani degli italiani che stanno girando liberamente? Sai quante critiche arriverebbero…”.

L’Italia non è riuscita a trasmettere un senso di sicurezza ai propri cittadini. Figurarsi ai cinesi. “Se le autorità non danno sicurezza allora la gente ha paura – aggiunge il Maurizio in un italiano perfetto – Il ragionamento è semplice: perché restare in Italia se non sto lavorando e se esco rischio pure che mi picchino o, peggio, di essere infettato? In Cina mi sento molto più sicuro”.

Quando gli chiediamo se ha paura per la salute di sua moglie, rimasta in Cina, Maurizio non esita a rispondere: “Se fosse realmente più pericoloso stare in Cina l’avrei convinta a rientrare subito”. “Comunque – conclude il nostro amico cinese – questo coronavirus per l’Italia potrebbe avere un riscontro positivo in futuro. La parola Italia sta inondando i social network cinesi. Questo crea molta curiosità e il cinese medio potrebbe scoprire un sacco di cose sul vostro Paese che prima non sapeva. Il virus è una disgrazia ma in futuro, per voi, potrebbe rivelarsi una grande opportunità”.

il giornale.it

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