Coronavirus, al Sacco isolato il ceppo italiano

I ricercatori dell’Ospedale Sacco di Milano sono riusciti a isolare il ceppo italiano del coronavirus. Ad annunciare l’impresa è stato Massimo Galli, direttore dell’Istituto di scienze biomediche, ordinario di Malattie infettive all’Università degli Studi di Milano e primario del reparto di Malattie infettive III dell’ospedale Sacco di Milano.

Galli ha spiegato il risultato del lavoro di ricerca che prosegue in modo ininterrotto da domenica scorsa. Del team di ricerca, coordinato dalla professoressa Claudia Balotta, fanno parte le ricercatrici Alessia Loi, Annalisa Bergna e Arianna Gabrieli, precarie, insieme al collega polacco Maciej Tarkowski e al professor Gianguglielmo Zehender. Adesso i ricercatori si occuperanno di studiare gli anticorpi, eventuali vaccini e cure, messi a punto da laboratori di case farmaceutiche. Questa scoperta permetterà ai ricercatori di “seguire le sequenze molecolari e tracciare ogni singolo virus per capire cos’è successo, come ha fatto a circolare e in quanto tempo”.

Isolato il ceppo italiano del coronavirus

Galli ha spiegato come si è giunti a questo risultato: “Abbiamo isolato il virus di 4 pazienti di Codogno. Siamo riusciti a isolare virus autoctoni, molto simili tra loro ma con le differenze legate allo sviluppo in ogni singolo paziente”. Fabrizio Sala, vicepresidente della Regione Lombardia, ha risposto a chi gli chiedeva conferma dell’isolamento del ceppo italiano avvenuto all’Ospedale Sacco di Milano. Durante la conferenza stampa, tenuta a Palazzo Lombardia a Milano, il vicepresidente Sala ha confermato che “sì, è una notizia positiva. E’ importante anche per i test e quant’altro. Il mondo della ricerca sta lavorando 24 ore su 24”.

Precedentemente era già stato isolato il coronavirus allo Spallanzani, ma in quel caso si trattava del ceppo cinese, perché prelevato dalla coppia di asiatici ricoverati. Al Sacco è stato invece isolato il ceppo italiano, quello cioè che sta circolando nel Nord Italia, con trasmissione secondaria e autoctona. Isolare il virus anche nel nostro Paese vuol dire riuscire a capire se sta mutando e in che modo si verifica. In molti casi i coronavirus tendono a mutare in modo benigno e a diventare quindi meno aggressivi e pericolosi.

Sarebbe pronto un vaccino ma è ancora da testare

Inoltre è in fase di inizio un altro progetto, sempre italiano, di un vaccino per debellare il Covid-19. A causa della burocrazia, i tempi rischiano di allungarsi non poco. Prima infatti dovrà essere sperimentato sugli animali e solo in fase successiva si potrà passare al test sull’uomo. Luigi Aurisicchio, amministratore delegato dell’azienda di biotecnologie Takis e coordinatore del consorzio Europeo EUImmunCoV, ha reso noto che è stato realizzato il progetto molecolare del vaccino e che per la metà del mese di marzo potrebbe essere già pronto per essere testato sugli animali.

La normativa italiana sulla sperimentazione animale però risulterebbe essere maggiormente restrittiva rispetto a quella di altri Paesi facenti parte dell’Unione europea. Se i tempi fossero più corti sarebbe possibile avere i primi risultati della sperimentazione sugli animali dopo solo un mese dall’inizio dei test. In seguito, in collaborazione con l’Istituto Spallanzani di Roma, si potrebbe passare ai test cellulari per vedere se il vaccino studiato è in grado di debellare il coronavirus.

il giornale.it

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