Israele impone la quarantena: l’Italia come un Paese asiatico
Gli oltre 100 pazienti contagiati in Italia dal coronavirus stanno iniziando a preoccupare gli altri Paesi del mondo.
Se prima l’unica minaccia sanitaria proveniva dalla Cina, epicentro dal quale è scaturita l’emergenza globale, adesso ci sono altre nazioni che contano sul loro territorio un elevato numero di casi. Tra queste citiamo la Corea del Sud, dove al momento si sono registrati 602 casi e 5 vittime, Giappone (138 e 1 morto) e, appunto, Italia (117 e un decesso all’attivo).
Israele, ad esempio, ha imposto misure ferree. Una quarantena di quattordici giorni sarà obbligatoria per tutti gli israeliani che ritornano dal Giappone, dalla Cina, dalla Corea del Sud, da Hong Kong, Macao, Thailandia e Singapore. Come se non bastasse, hanno specificato le autorità “chiunque sia stato a Taiwan, in Italia o in Australia negli ultimi quattordici giorni e sviluppi i sintomi della malattia dovrebbe essere esaminato”.
In altre parole gli israeliani che si sono recati nel nostro Paese, e che una volta rientrati in patria dovessero presentare sintomi sospetti, dovranno essere sottoposti a test strumentali per scongiurare il rischio di aver contratto il coronavirus. Insomma, il ministero della Salute di Israele, nel mettere a punto le sue linee guida, ha messo l’Italia sullo stesso piano delle nazioni asiatiche.
Le mosse del governo israeliano
In effetti il numero di casi fin qui registrati nel Belpaese è di gran lunga superiore a quello di tutti i Paesi dell’Asia, ad eccezione di Cina, Corea del Sud e Giappone. Giusto per fare un confronto, Singapore e Hong Kong, entrambi a due passi da Pechino, contano rispettivamente 89 e 70 casi. La Thailandia è ferma a 35, Taiwan a 28, la Malesia a 22, il Vietnam a 16. Certo, è doveroso sottolineare come queste siano cifre fredde e soggette a repentini cambiamenti.
Tornando a Israele, il governo locale ha anche chiesto a circa 200 studenti e insegnanti israeliani di entrare in quarantena perché si trovavano in diversi siti turistici contemporaneamente al gruppo di turisti sudcoreani risultati positivi al coronavirus una volta rientrati in patria proprio da un viaggio in Israele. Il ministero della Salute ha pubblicato sul suo sito web i dettagli delle peregrinazioni dei citati turisti sudcoreani, chiedendo agli israeliani che sono stati in contatto con loro di contattare le autorità sanitarie.
Ricordiamo inoltre che sabato un aereo proveniente da Seul e contenente circa 200 passeggeri non israeliani non ha ricevuto l’ok per poter sbarcare all’aeroporto di Ben Gurion di Tel Aviv proprio perché il governo ha emesso ferree leggi di ingresso per combattere il coronavirus.
il giornale.it