Coronavirus, Paolo Becchi: “Italia senza Speranza, perché il ministro deve dimettersi”
Il 21 gennaio un comunicato ufficiale del Ministero della Salute riportava come «moderata» la probabilità di introduzione del coronavirus nel nostro Paese. Dopo meno di due settimane venivano bloccati i voli con la Cina. Una misura precauzionale giunta in ritardo, coi buoi già scappati dalla stalla, anche perché il periodo di incubazione del virus è di due settimane quindi, in quei giorni di negligenza di fine gennaio da parte del governo, può essere accaduto di tutto. Incurante dei pericoli, i primi di febbraio il presidente del Consiglio Conte parlava ancora di «situazione sotto controllo». Invece di emanare sin da subito un decreto legge che imponesse a chi arrivava dalla Cina la quarantena obbligatoria (come peraltro suggerito da alcuni medici specialisti in virologia), il ministro e l’ intero governo hanno parecchio tentennato, tanto da consentire al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi di relegare eventuali pericoli a meri allarmismi fascio-leghisti. Questi grosso modo i fatti delle ultime settimane.
Venerdì accade che il virus si manifesta in Lombardia, a tal punto che l’ assessore regionale al welfare Gallera vieta in 10 Comuni – tra cui Piacenza, Cremona, Casalpusterlengo e Codogno – ogni attività scolastica e di aggregazione. Il colpevole ritardo del ministro e la negligenza del governo ricadono così su intere comunità lombarde e venete col rischio che il pericolo di epidemia non sia scongiurato nel breve periodo. Ancora il 21 febbraio Conte parlava di situazione sotto controllo, ma ormai i morti sono due e gli infetti una cinquantina, 39 in Lombardia e 11 in Veneto.
Che fare? Dal punto di vista medico e sanitario non ci permettiamo di dire nulla perché non possediamo alcuna competenza in merito, stupisce peraltro, come sottolineato dal virologo Roberto Burioni, che questo fine settimana l’ Istituto Superiore della Sanità non risulti operativo.
Una mozione di sfiducia – Dal punto di vista politico e giuridico qualcosa invece la vogliamo dire. Prima di tutto le opposizioni dovrebbero presentare una mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro Speranza. Non è accettabile che chi abbia gestito con superficialità una tale emergenza possa restare al suo posto. Anzi, sarebbe il caso che Speranza si dimettesse spontaneamente, non fosse altro per una questione di dignità politica. Ma visto che non lo farà tocca alle opposizioni muoversi in Parlamento.
Dal punto di vista giuridico, invece, sarebbe l’ ora che la Procura di Roma, anche alla luce dell’ obbligatorietà dell’ azione penale, aprisse un fascicolo nei confronti del ministro Speranza e del Presidente del Consiglio Conte, il quale ha – ai sensi dell’ art. 95 della Costituzione – l’ obbligo di dirigere la politica generale del governo e di promuovere e coordinare l’ attività dei ministri. La negligenza di entrambi nel valutare il pericolo per la salute pubblica mostra l’ esistenza dell’ elemento soggettivo del reato, in questo caso la «colpa».
A tal proposito il reato che si potrebbe contestare a Speranza e a Conte è quello di cui all’ art. 452 del codice penale, cioè i «delitti colposi contro la salute pubblica», le cui singole fattispecie criminose meritano di essere valutate a seconda di eventuali responsabilità ed omissioni personali. Non siamo certo di fronte a fatti commessi con dolo, ma la colpa – cioè la negligenza, l’ imprudenza e l’ imperizia – di Speranza e Conte merita, a nostro avviso, un approfondimento in sede giurisdizionale.
Ipotesi di reato – Si è mandato a processo Salvini per aver ritardato di alcuni giorni lo sbarco di qualche decina di immigrati, accusandolo di sequestro di persona, e in quel caso non è morto nessuno, e non si mandano a processo Speranza e Conte per verificare se sussistono delitti colposi contro la salute pubblica, in presenza già di due vittime e di decine di contagiati?
Beninteso, a noi non piace l’ uso politico della magistratura, ma con la recente autorizzazione a processare Salvini si è aperto un precedente, e non si vede allora perché la stessa cosa non debba applicarsi anche a Speranza e Conte.
di Paolo Becchi e Giuseppe Palma