Al Sacco la notte infinita del Padiglione 62. L’allarme: “Tutti gli ospedali d’Italia si preparino”
Nel ‘day after’ del boom di coronavirus che in meno di 24 ore ha paralizzato la vita di una decina di comuni lombardi, il sole si alza dentro un cielo azzurro sopra l’ospedale Sacco di Milano. Ma in fondo al labirinto di viali ed edifici vecchi e nuovi di questa ‘città nella città’ che piano piano si sveglia, c’è chi non ha mai dormito. Nel padiglione 62, quello di Microbiologia clinica, “niente pause, niente riposo, niente cena, tutta la notte a processar campioni”: è il racconto di uno dei tanti sanitari all’AdnKronos Salute, tra un tampone e l’altro delle centinaia che arrivano dal Lodigiano per essere analizzati.
Al Sacco, clima surreale
“Vietato l’accesso. Reparto in isolamento“. La porta a vetri affacciata all’esterno del padiglione dedicato alle Malattie infettive si apre continuamente. Fuori c’è una calma surreale, dentro c’è chi si veste con le tute bianche, chi gesticola, chi dà indicazioni ai colleghi.
“Una notte infinita”: come quella del padiglione 56 che sta di fronte: Malattie infettive, ‘off limits’ a parenti e giornalisti, “assolutamente vietato l’ingresso” a chiunque tranne che a operatori e nuovi malati di Covid-19. Uno dopo l’altro, l’obiettivo è portarli tutti qui. Tute e mascherine, comincia un’altra giornata senza fine.
Intanto cresce l’allarme non solo al nord.”Tutti gli ospedali d’Italia devono approfittare di questo periodo per prepararsi a fronteggiare il nuovo coronavirus, non solo il Sacco e lo Spallanzani, che sono strutture perfettamente attrezzate”. Parola dell’epidemiologo Pierluigi Lopalco, professore ordinario di Igiene dell’Università di Pisa. “La situazione è da tenere strettamente sotto controllo”, aggiunge l’esperto.
Il “giallo” del paziente zero”
E restano ancora molte le cose da capire. “A partire dal paziente zero: dobbiamo ancora capire se è stato individuato, oppure no. Il contatto del malato ricoverato a Codogno, e rientrato dalla Cina, è risultato negativo al test: potrebbe essersi liberato del virus, e questo ce lo dirà l’eventuale presenza di anticorpi nel suo sangue. Altrimenti occorrerà cercare ancora. Un altro problema – aggiunge Lopalco – è rappresentato dal fatto che quelli individuati sono quasi tutti casi gravi, che sappiamo essere il 20% del totale”.
Ancora, aggiuge: “Dove è finito l’altro 80%? I colleghi stanno facendo proprio questo lavoro, testando 250 contatti. Il paziente di Codogno infatti anche con i sintomi ha lavorato, ha fatto sport ed è andato in giro“. Dunque per l’epidemiologo “al momento qualunque misura di restrizione che possa limitare la circolazione del virus è ottima. Dobbiamo approfittare per preparaci. E devono farlo – conclude – tutti gli ospedali d’Italia“.