Bella, bianca e italiana. Dorothea Wierer, la campionessa di Biathlon che non piace ai buonisti

Roma, 26 mar โ€“ Nessun italiano prima di lei era mai riuscito a sconfiggere gli atleti scandinavi e vincereย una Coppa del Mondo generale di biathlon. Dorothea Wierer, 28 anni, altoatesina, รจ riuscita nellโ€™impresaย una settimana dopoย aver vinto la stessa prova ai Mondiali svedesi di Ostersund. Il biathlon, ricordiamo, รจ uno sport invernale, tradizionalmente praticato dalleย popolazioni nordeuropee: rievoca le antichissime usanze delle popolazioni nordiche (le prime testimonianze ci sono pervenute tramite pitture rupestri del IIIยฐ millennio prima di Cristo) cheย cacciavano e si facevano la guerra sugli sciย nelle grandi distese innevate. Da qui la fusione delloย sci di fondoย lungo percorsi di lunghezza variabile con ilย tiro a segno con carabina .22 lrย a vista da cinquanta metri, a terra o in piedi. In Italia รจ praticato esclusivamente sulle Alpi, per lo piรนย in Alto Adige.

La forza tranquilla di Dorothea

Ed รจ da lรฌ che viene Dorothea, bella, bellissima, lโ€™esemplificazione dellaย โ€œforza tranquillaโ€, composta dallโ€™inizio alla fine delle gare, regalmente umile nella vittoria. Italiana, troppo forse, per trovare spazio nella trasmissioni diย Fazio & compagnia strisciante;ย o per trovare echi nelle bachecheย socialย di tutti i soloni buonisti con ilย fetishย morboso per leย โ€œatlete italiane con la pelle scuraโ€, in realtร  piรน razzisti di chi additano come tale. Non sgomita, non โ€œscoattaโ€ sui social comeย Balotelli, non si presta ad essereย uno spot elettorale pro ius soli come Kean, non rivendica diritti,ย non dice โ€œle italiane siamo noiโ€ย dopo aver vinto una medaglia. Non ha bisogno di dirlo, lo รจ. Ed รจ straordinariamente bella, incarna unโ€™ideale estetico antico, sano,ย in unโ€™epoca di Conchita Wurst, uomini incinti o modelle obese: una bellezza che non รจ fine a sรฉ stessa, ma si esprime nellโ€™azione. Qualcosa che รจ completamente alieno alla narrazione di una certa agenda ideologica.

Dorothea Wierer

E poi รจ colpevole. Colpevole di praticareย uno sport dalle origini antichissime, dove si usanoย le armiย e che richiama un passato di sopravvivenza e lotta: e in unโ€™epoca di piagnistei, diย diritti concessiย al solo schioccare delle dita, di corsie preferenziali eย quote rosaย parlare di caccia e guerra รจ oscenitร . Tra iย vari sensi di colpa, dobbiamo farci carico anche quello diย essere bravi con le armi, come sentenziava con il ditino alzato il giornalista dellโ€™Huffington โ€“ย il quale evidentemente fa parte di quella schiera di persone che ha dimenticato tutto della propria Storia,ย tranne le date segnate sul calendarietto dellโ€™Anpi: โ€œNon riusciamo a vedere molta gioia sportiva nel colpire un piattello, nessuna felicitร  nel centrare un bersaglio imbracciando carabine o fucili da caccia. E lโ€™eco degli spari risuona inquietante, mentre la retorica che lโ€™accompagna persino oscenaโ€. Questione di punti di vista, a noi sembra molto piรน inquietante e oscena la resa bovina e incondizionata al pensiero unico.

Cristina Gauri

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