Piccole imprese colpite a morte. L’idea è sempre di Bonafede
Il mondo delle aziende aspetta con ansia il Milleproroghe per capire se lo Stato concede loro respiro prima che scatti la tagliola: è la norma del Codice della crisi d’impresa, già ribattezzato «codice per mettere in crisi l’impresa», che obbliga le Srl ad assumere un delatore.
In più cancella il concetto stesso di «responsabilità limitata», aumentando il rischio di fare impresa.
Lo prevede la legge firmata dal ministro Alfonso Bonafede (in era gialloverde), figlia di un’attesissima riforma della ormai datata legge fallimentare del 1942. Il ministro M5s ha abbassato il limite di applicazione anche a imprese medio-piccole, dato grandi poteri ai pm e introdotto meccanismi che si sono rivelati sbagliati anche nei tempi, tanto da richiedere già diverse correzioni.
La parte più contestata è l’obbligo per le Srl di nominare un organismo di controllo, un revisore che scongiuri l’insorgere di possibili crisi d’impresa, denunciando allo stesso amministratore ogni irregolarità. «Se ad esempio – spiega Gianluca Timpone, tributarista e docente di Microeconomia all’Università europea di Roma – l’imprenditore dichiara l’Iva ma non la paga alla scadenza per un momentaneo problema di liquidità, per il revisore questo denota uno squilibrio economico finanziario oltre che inosservanza degli obblighi tributari e per evitare di incorrere lui stesso in una qualche forma di responsabilità deve sollecitare l’organo amministrativo a porvi rimedio anche perché potrebbe scattare un procedimento penale se l’omesso versamento supera i 250 mila euro. Se non parte la segnalazione, il revisore è responsabile penalmente e civilmente, qualora poi lo squilibro sfoci in uno stato d’insolvenza, anticamera del fallimento».
La finalità è usare indicatori delle crisi per cercare di coglierle in tempo e arginarle prima del crac, ma nei fatti si traducono in controlli eccessivi sul rispetto degli adempimenti fiscali, con nuovi rischi e costi per amministratori e imprese. La scadenza per nominare i revisori era il 16 dicembre, ma solo un’azienda su quattro si è mossa. «È difficile – spiega Timpone – trovare professionisti disposti a un simile rischio per compensi medi intorno ai 3-4mila euro l’anno». In più, pare incredibile, ma chi ha scritto la norma ha dimenticato che le aziende approvano il bilancio ad aprile. Chi si prenderebbe una responsabilità simile non avendo seguito il bilancio dall’inizio dell’anno?
Ma non è tutto: l’obbligo del revisore scatta al superamento di un fatturato o totale dell’attivo oltre i 4 milioni, oppure quando la media dei dipendenti assunti negli ultimi due anni ha superato le 20 unità di dipendenti full time (e Bonafede voleva dimezzare questi limiti). Con il risultato che le aziende cercano di non crescere troppo e assumono meno o assumono part time. In più c’è l’attacco al concetto di «responsabilità limitata» dell’amministratore delle Srl che, come ha scritto sul Sole24Ore on line il giudice tributario Costantino Ferrara, «è stata cancellata con un colpo di spugna»: se non si dimostra di aver fatto tutto il possibile per evitare la crisi, si paga con il proprio patrimonio personale. «È una bomba pronta alla deflagrazione» e scoraggerà «la decisione di intraprendere un’attività d’impresa».
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