Poker di tasse dall’Europa. Pronta la “batosta” fiscale
Una marea di tasse, dalla plastica alle emissioni, si sta per abbattere sull’Europa: il contenuto del progetto di bilancio Ue 2021-2027, preparato da Charles Michel, ex premier belga ora a capo del Consiglio d’Europa, parla chiaro.
I numeri dicono che a causa della Brexit c’è un buco di 15 miliardi da coprire, e da Bruxelles hanno pensato a un nuovo ventaglio di imposte.
Come sottolinea il quotidiano Libero, alla riunione del prossimo 20 febbraio, il signor Michel presenterà il suo programma fiscale, comprendente almeno quattro nuove tasse: su plastica, emissioni, viaggi aerei e digitale. Partiamo proprio da quest’ultima, meglio nota come digital tax. Italia e Francia l’hanno già approvata, anche se per evitare le ire di Donald Trump non hanno la minima intenzione di applicarla. Il motivo è semplice: l’imposta colpisce in pieno i colossi del web Usa, tra cui Google, Amazon, Facebook, Microsoft. In altre parole, in caso di tassazione sulle citate aziende americane, l’inquilino della Casa Bianca potrebbe rispondere con sanzioni e dazi.
Per quanto riguarda viaggi aerei, plastica ed emissioni, le tre tasse rientrano nel progetto Green Deal sponsorizzato da Ursula von der Leyen. Insomma, la sensazione è che l’Italia stia per subire una beffa al quadrato visto che già il governo giallorosso ha calcato la mano piazzando la plastic tax. A quanto pare la tassa europea sulla plastica varrà 80 centesimi al chilogrammo e integrerà quella italiana di 45 centesimi prevista per luglio. Le aziende italiane del settore sono pronte a ricevere una mazzata non indifferente che mette a rischio cinquantamila posti di lavoro.
Europa spaccata
In ogni caso il progetto di Michel ammonta a 1.095 miliardi ed equivale all’1,074% del Pil europeo. Stiamo parlando in ogni caso di una richiesta inferiore alla proposta della Commissione (1,11%) e a quella del Parlamento europeo (1,3%) ma superiore alle indicazioni della presidenza finlandese Ue dello scorso novembre (1,07%). L’obiettivo di Bruxelles è chiaro: imitare Germania e Paesi del Nord Europa, i quali spingono per superare l’1%. Il problema è che non tutti gli Stati membri sono d’accordo e per approvare il bilancio serve l’unanimità. Eppure, con l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, tutti dovranno fare la loro parte, pagando di più e ricevendo meno.
Pare che molti governi, appena letto il piano di Bruxellexs, abbiano protestato giudicandolo inaccettabile. I nuovi paladini dell’Austerity, ovvero Olanda, Danimarca, Svezia e Austria, spingono per un tetto all’1% e non gradiscono l’idea di Michel. Il premier olandese, Mark Rutte, è stato emlematico pubblicando un tweet inequivocabile: “La Ue dovrebbe tenere sotto stretto controllo le spese. Le posizioni degli Stati membri sono ancora molto lontane”. Lo schieramento opposto è formato dai Paesi del cosiddetto gruppo della coesione, cioè Stati del Sud Europa, fra cui l’Italia e quelli dell’Est, i quali guardano con sospetto sia i tagli all’agricoltura che ai fondi per le regioni più povere. L’ombra di nuove tasse rischia di polarizzare ulteriormente lo scontro.
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