Bibbiano: prosegue l’opera di insabbiamento
Roma, 15 feb – Sullo scandalo dei bambini rubati alle loro famiglie sono ripresi i lavori di insabbiamento: il procuratore generale di Bologna, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha parlato dei “presunti” affidi illeciti in Val D’Enza, circoscritti territorialmente, concludendo che non esiste un sistema Bibbiano generalizzato. Prima erano state le Sardine a chiedere di silenziare il dibattito sui fatti reggiani. Il leader Mattia Santori aveva dichiarato a reti unificate: “Io ritengo assurdo che si continui a parlare di Bibbiano. Noi non vogliamo che la politica italiana sia questa roba qua”. Precedentemente la Commissione di esperti sul sistema degli affidi in Emilia-Romagna, nominata dalla giunta Bonaccini, nella sua relazione finale, di fronte all’altra commissione sui minori, aveva concluso che “l’organismo dell’Emilia-Romagna è sano nonostante alcuni raffreddori”. Pochi giorni fa Claudio Foti (lo psicoterapeuta al centro dell’inchiesta Angeli e Demoni) ha postato sulla sua pagina social, omaggiando il report di un periodico che esalta il modello reggiano: “Comincia ad emergere una nuova narrativa sul caso di Bibbiano. Il processo farà emergere come un progetto trasformativo e nobile dalla parte dei bambini, come quello che da anni si svolgeva a Bibbiano, un progetto sociale ed istituzionale di sensibilizzazione sulle tematiche del maltrattamento e dell’abuso sui minori, un progetto di attivazione delle associazioni del territorio per il contrasto della pedofilia e per la cura del trauma, sia stato rovesciato in progetto criminale e sia stato deformato diventando la metafora degli orrori”.
Il “metodo Bibbiano”
Il metodo Bibbiano, che abbiamo visto essere messo in campo da certi operatori della Val D’Enza con spietata lucidità, continua ad essere utilizzato ed è in uso da Nord a Sud nonostante il modus pseudoscientifico non sia riconosciuto dalla comunità medica nazionale ed internazionale. Un approccio, quello adottato dagli operatori della Val D’Enza sotto accusa, molto lontano dalla deontologia richiesta, come hanno evidenziato le schiaccianti prove fornite dalle intercettazioni ambientali, registrazioni audio, telefoniche, i verbali inventati, la manomissione delle relazioni.
Qual è il principio del metodo Bibbiano, elaborato a partire dai primi anni novanta su iniziativa di tre centri per bambini maltrattati ben distinti: uno lombardo, uno piemontese e uno toscano? La tesi secondo la quale un bambino su 5 in famiglia subisce un abuso, quasi sempre messo in atto dalla figura paterna o maschile.
Era stata la stessa responsabile dei servizi sociali di Bibbiano, la psicologa Federica Anghinolfi a tracciare i contorni del pericolo. Il Giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza a pagina 258 scrive: “Federica dice che deve interrompersi la catena dei predatori maschi… che sentono la debolezza delle vittime”. E ancora: “Federica dice che in questo sistema di merda patriarcale la donna e i bambini sono vittime di padri padroni. I bambini sono sempre stati oggetto di sfogo, mai di amore”. E conclude il giudice: “E’ chiara la sua assoluta carenza di equilibrio e autocontrollo nell’approccio alla attività professionale e alla sua funzione”.
La psicologa era talmente identificata con le sue ossessioni che per giustificare il suo operato raccontava che nella Val d’Enza c’era un giro di pedo-pedofilia gravissima che coinvolgeva personaggi illustri: avvocati, magistrati, carabinieri, sacerdoti; talmente grosso, talmente potente che era impossibile denunciare e che solo attraverso l’intervento di gente come lei e della sua squadra, si potevano evitare quelle tragedie, portando via i bambini a rischio di essere presi dalla setta satanica.
Per evitare che dei minori cadessero nella fantomatica rete satanica andavano allontanati a tutti i costi, anche falsificando le relazioni sulle famiglie. Insieme a Francesco Monopoli, altro assistente sociale coinvolto in Angeli e Demoni, la Anghinolfi si era inventata questa storia incredibile per convincere i collaboratori, ad esempio a falsificare le relazioni o a manomettere i disegni dei bambini.
Chi sono i bambini rubati?
Il bambino “giusto” per la cricca che operava in Val D’Enza (ma vale anche nei distretti che abusano di troppa solerzia) è solitamente il figlio di una famiglia cosiddetta fragile, magari in fase di separazione, oppure quello dove ci sono problemi economici, o con genitori non esattamente “tagliati” per crescere la prole. Non si è ancora trovato infatti il figlio di un notaio, di un politico, di un architetto, di un attore. Le brave persone che lavorano nell’ambito della tutela hanno un fiuto speciale nell’intercettare il soggetto debole e che farà molta fatica a difendersi sia perché falloso nel suo ruolo genitoriale sia perché impossibilitato ad assoldare un avvocato a sua difesa.
Una volta trovato il bambino adatto gli operatori intervengono come un battaglione: per ottenere le dichiarazioni che consentiranno loro di togliere il minore dal contesto familiare e avviare la pratica di affido (dai 150 ai 400 euro al giorno per ogni minore) inscenano farse, drammi, recite, allo scopo di suggestionare il piccolo fino a plagiare la sua mente per portarlo a dire ciò che serve per procedere. Sul web si trovano svariati filmati dove zelanti operatrici pilotano domande e risposte del bambino fino a confonderlo nelle sue dichiarazioni: non è un caso che i soggetti preferiti di questo metodo siano infanti fino a 5-6 anni, la cui volontà è facilissimamente modellabile e senza difese a differenza di preadolescenti o adolescenti che invece sono molto più difficili da condizionare.
«Io quello che facevo è quello che ho fatto… io non facevo il bene, io facevo quello che l’istituzione mi chiedeva di fare”. Lo ha detto Federica Anghinolfi intervistata dalla giornalista Carlotta Dessì, per la trasmissione ‘Fuori dal coro’ di Mario Giordano su Retequattro. Altro tentativo che ha lo scopo di ridimensionare i fatti: la responsabile dei servizi sociali scarica su altri le sue responsabilità. Nessuno dichiarò di sentirsi colpevole per i crimini commessi: avevano solo eseguito degli ordini. Forse Anghinolfi e la sua ghenga si aspetta di essere apprezzata per aver esercitato l’obbedienza, da sempre ritenuta una virtù. Anzi la zarina sferzando l’intervistatrice l’aveva sfidata: “Lei la conosce la legge? Cosa dice la Costituzione? Che una persona è innocente fino al terzo grado di giudizio. E voi non avete il dubbio che non siano vere tutte queste accuse?”
Terzo grado di giudizio che però lei stessa non ha atteso per tutti quei genitori falsamente accusati e calunniati da relazioni deliberatamente manomesse dal team da lei coordinato, incolpandoli ingiustamente allo scopo di allontanarli dai figli e lucrare sulla pelle dei loro bambini.
Antonietta Gianola