Mussolini resta cittadino onorario di Salò: la sinistra perde anche questa sfida
La sinistra si metta l’anima in pace. Benito Mussolini continuerà ad essere un cittadino onorario di Salò. L’onorificenza attribuita al Duce nel 1924 resta in vigore. Come è stato negli ultimi 96 anni. Lo ha deciso, a maggioranza, il consiglio comunale che si è riunito in un municipio blindato dalle forze dell’ordine. Lo scrive oggi Il giornale di Brescia. La mozione per la revoca della cittadinanza era stata presentata dai consiglieri del gruppo Salò futura. Gli unici tre che hanno votato a favore di una posizione cassata dalla maggioranza. I dodici consiglieri della maggioranza del sindaco Giampiero Cipani hanno infatti votato in modo compatto. E la mozione è stata respinta con 14 voti contrari e 3 favorevoli.
Mussolini, respinta la mozione
«È una mozione strumentale e anacronistica», hanno sostenuto dai banchi della maggioranza. «La revoca – hanno detto – non porterebbe alcun vantaggio ai cittadini. La cittadinanza è stata mantenuta anche quando in consiglio sedevano persone che di antifascismo e lotta partigiana sapevano molto. Questa mozione è riuscita solo a fare riaccendere l’odio». A dire no alla revoca anche le due esponenti del gruppo di minoranza Insieme per Salò: Marina Bonetti e l’europarlamentare leghista Stefania Zambelli. Gli unici voti a sostegno della mozione sono quelli dei consiglieri del gruppo di centrosinistra che ha presentato la mozione, Salò Futura. Ovvero, Giovanni Ciato, Francesco Cagnini e Manuela Zaminato. La seduta è stata controllata a vista dalle forze dell’ordine per timore di disordini.
Il precedente un anno fa
Poco meno di un anno fa il comune bresciano aveva rigettato la mozione di un consigliere di opposizione. Anche quella volta si chiedeva la revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini. Era stato Stefano Zane, esponente della lista civica Scelgo Salò, il quale aveva appunto chiesto il ritiro del titolo onorifico al Duce. Come da copione, l’iniziativa aveva avuto il sostegno scontato dell’Anpi. Per i partigiani la revoca della cittadinanza era un «gesto simbolico che non costa nulla attuare».