L’epidemia frena, Oms scettica: “Non sappiamo quando finirà”
La curva di crescita della diffusione dell’epidemia rallenta. Ma non tutti gli esperti si dicono convinti dalle cifre fornite dalla Cina: il calcolo sui contagi non torna.
E anche per l’Organizzazione mondiale della sanità è «troppo presto» per indicare quando finirà l’epidemia. Nel bollettino diffuso ieri dall’Oms nuovi casi di Covid-19 registrati in Cina scendono a 2.484 in 24 ore mentre tra il 9 e il 10 febbraio i nuovi contagi accertati ammontavano ancora a 3.073, ed erano comunque già in calo rispetto ai 3.900 di pochi giorni prima. L’epidemia però continua a mietere vittime salite a 1.118. E ben 1.068 nella sola provincia cinese di Hubei, epicentro dell’epidemia con Wuhan. Un solo decesso fuori dalla Cina continentale, a Hong Kong, e uno all’estero, nelle Filippine. I contagi accertati nel mondo sono 45.206 di cui 44.687 nella sola Cina continentale. In Europa il picco degli infetti in Germania: 16. Colpita anche l’ Australia, 15 e gli Stati Uniti, 13, I guariti in tutto sono 5.123. Alla luce di questi dati Zhong Nanshan, l’epidemiologo cinese che era in prima linea nella battaglia contro la Sars, ha previsto il picco dell’epidemia tra metà e fine febbraio. Un’ipotesi condivisa anche da altri epidemiologi come Matteo Bassetti, virologo e presidente della Società italiana di terapia anti-infettiva (Sita) che sottolinea come la curva dei nuovi casi a livello europeo sia piatta e dunque il sistema di prevenzione stia funzionando e dunque il picco vicino, al massimo a fine mese.
Ma Walter Ricciardi presidente della Federazione Mondiale Sanità Pubblica è più cauto nelle previsioni di fronte a quella che definisce una mancanza di trasparenza nei dati che arrivano dalla Cina. Le autorità sanitarie di Pechino qualche giorno fa hanno comunicato di aver cambiato il sistema di conteggio inserendo tra i nuovi casi soltanto i sintomatici, pazienti con tosse e febbre e non tutti i positivi al test. Un metodo che avrebbe provocato il crollo nel numero dei contagi.
Tocca ancora una volta al virologo, Roberto Burioni, esprimere preoccupazione per la «decisione unilaterale della Cina di considerare negativi i pazienti nei quali viene dimostrato il coronavirus, ma senza sintomi». Una decisione per Burioni inspiegabile. «Una persona positiva per il virus è un paziente che è stato infettato, nel quale il virus si sta replicando e fino a prova contraria infettivo. -insiste il virologo- Quale sia l’impatto di questa decisione nella conta dei casi di malattia e nel calo improvviso del numero dei casi sospetti, non è dato saperlo».
In Italia i contagiati restano tre la coppia di cinesi in «lieve miglioramento» e il ricercatore tornato da Wuhan che è in buone condizioni e senza febbre. Anche la comitiva di persone cinesi che sono state a contatto con la coppia ricoverata allo Spallanzani stanno bene e sono risultati tutti ripetutamente negativi ai test per la ricerca del coronavirus».
L’epidemia preoccupa anche i vertici della Chiesa il segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin. E il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, ha annunciato che si stanno valutando «precauzioni per evitare il contagio» del coronavirus nelle chiese italiane come evitare «anche il darsi la mano» nello scambio della pace trovando «maniere più semplici». Pure il leader spirituale tibetano, il Dalai Lama ha annullato tutti i suoi impegni pubblici nel timore del contagio.
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