Le Ong sono a caccia di soldi: così vogliono tornare in mare
I giudici liberano la Mare Jonio e ora la nave dei centri sociali è pronta a tornare in mare a salvare i migranti.
Ma per farlo servono soldi. Tanti soldi. Per ripartire sono necessari 165.200 euro. Una cifra non da poco per una “Ong”. Che ora chiede aiuto ai suoi sostenitori attraverso una foto postata sui social: “Aiutateci a tornare in mare”.
Per farlo servono ben 33.500 euro per pagare gli stipendi al personale marittimo, una crew che costa cara e alla quale vanno aggiunti ben 30.000 euro di carburante, 17.500 euro necessari per le attrezzature di soccorso e 23.700 euro utili alle riparazioni del cantiere e agli interventi per l’adeguamento alle norme di salvataggio. Le spese portuali necessitano di altri 16.500 euro, mentre 14.600 euro vengono conteggiati dalla Mediterranea per i lavori di cantiere necessari per una nuova pompa sentina. Le spese per la barca di supporto ammontano a 15.000 euro, le provviste per i beni di prima necessità come rifornimento dell’acqua costano all’associazione 3.400 euro. Più dispendiosa la manutenzione e l’acquisto degli apparti radio e comunicazione: 4.500 euro. Poi ci sono i soldi per la logistica la cui somma è di 4.000 euro. Ma non basta, serve denaro anche per l’equipaggiamento della nave, una spesa che si aggirano attorno ai 2.500 euro.
Ecco quanto costa rimettere in mare la Ong italiana Mediterranea che non arresta la sua lotta contro la chiusura dei porti italiani voluta da Matteo Salvini. “Ogni giorno di sosta forzata significa assistere inermi al tragico destino che attende chi fugge dall’inferno libico” scrive Mediterranearescue sotto l’appello ai suoi. Poi attacca i governi europei “complici di stragi quotidiane, di silenzi assordanti, di vergogna disumana che si traduce in naufragi e morti”.
Si ergono a salvatori di vite gli uomini dell’associazione umanitaria, detentori dell’umanità che manca al resto del mondo. Per la loro impresa eroica però, servono centinaia di migliaia di euro che arrivano dai sostenitori. Ma quali? Ancora non è dato sapere chi parteciperà alla “campagna straordinaria di raccolta fondi per finanziare l’imminente missione in mare dopo la sosta forzata di cinque mesi.”
Potrebbero rispondere all’appello i vecchi finanziatori. Come Matteo Orfini del Partito Democratico che tempo fa aveva versato 1.500 euro sul conto “Saving Humans”. Così come la Caritas di Formigine in provincia di Bologna che era riuscita a portare 4.600 euro di sottoscrizioni. Ma non basta. Dell’elenco dei sostenitori del “disobbediente” Luca Casarini ha fatto parte persino la Regione Emilia-Romagna. L’ente targato Pd, capitanato dal neo rieletto governatore Stefano Bonaccini e risultato tra i finanziatori della Nave Mare Jonio ha infatti una partecipazione del 0,0797% nel capitale di Banca Etica, la quale avrebbe erogato un prestito di circa 460mila euro per finanziare la missione “Mediterranea Saving Humans”, oltre all’organizzazione di un crowdfunding che ha portato a raccogliere ulteriori 586mila euro.
Ora, per il via esultante dopo la liberazione della nave voluta dal Tribunale di Palermo che ha ordinato il dissequestro della Mare Jonio, servirebbero fondi. Nuovi contributi per compiere le missioni in mare e aggiungersi al traffico delle Ong straniere che, negli ultimi mesi, hanno fatto sbarcare tra Italia e Malta più di 600 persone. Così, la nave italiana, ora cercherà di sfruttare la linea più flessibile (sul fronte degli sbarchi) del governo giallo-rosso. Con la speranza che, ancora una volta, ad appoggiarla siano buonisti della sinistra. Pronti a concedere alla Mare Jonio la cifra esorbitante che serve per rimettere in mare la nave che ha sfidato Matteo Salvini, che oggi potrebbe ritrovarsi a processo proprio per aver difeso i confini italiani.
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