Quegli interventi “a intermittenza”: la strategia dei militari libici per ricattare l’Italia
Mentre Luigi Di Maioveniva ricevuto nel palazzo presidenziale da Fayez Al Sarraj, lungo la costa tripolina una motovedetta della Guardia Costiera libica andava a soccorrere 81 migranti a bordo di un gommone in avaria.
Potrebbe trattarsi di una coincidenza, ma è in ogni caso un segnale: le forze di Tripoli preposte al controllo del proprio mare negli ultimi giorni sono tornate nuovamente operative, seppur in maniera non costante. Per diverse settimane invece, specialmente tra gennaio ed i primi giorni di febbraio, le autorità libiche hanno dato l’impressione di non poter o non voler operare come negli anni precedenti.
L’impennata di sbarchi nel nostro paese registrata in questi primi 40 giorni del 2020, dove su base annuale l’aumento è più del 500%, lo si deve anche al fatto che dalla Libia si è tornati a partire a ritmi che ricordano da vicino i tempi delle emergenze.
Nell’ultimo fine settimana di gennaio ad esempio, Alarm Phone ha segnalato la partenza dalle coste del paese nordafricano di ben 800 migranti nel giro di 72 ore. In totale, in quell’occasione sono stati 13 i barconi salpati dalla Libia, senza che la Guardia Costiera locale sia intervenuta. E così, tra persone caricate a bordo delle navi Ong ed altri che sono arrivati in maniera autonoma a Lampedusa o Pantelleria, il nostro paese ha chiuso il mese di gennaio con un totale di 1.275 persone approdate irregolarmente, a fronte delle 202 invece arrivate nello stesso mese ma del 2019.
A febbraio la situazione non sembra essere cambiata di molto, visto che sono entrati nel nostro paese 435 migranti e non si è nemmeno a metà mese. Nel 2019, al 28 febbraio risultavano approdati in Italia appena 60 migranti.
La Guardia Costiera libica ha funzionato sì, ma ad intermittenza. Ad esempio, domenica mattina sempre Alarm Phone, il network telefonico a cui arrivano le chiamate direttamente dai barconi in difficoltà, ha fatto presente che un’imbarcazione in avaria con 91 persone a bordo non è stata soccorsa dalla Guardia Costiera di Tripoli nonostante questa fosse stata allertata.
Un ufficiale libico avrebbe spiegato ad un membro di Alarm Phone di non poter intervenire in quanto i centri di accoglienza della regione della capitale sarebbero tutti saturi. Il giorno dopo però, una motovedetta è uscita dal porto di Tripoli per attuare il soccorso, ma l’imbarcazione era già in acque maltesi ed è stata raggiunta dalle autorità di La Valletta.
Una dimostrazione dunque, di come la Guardia Costiera libica al momento non funziona con la costanza auspicata, in primo luogo, dal governo italiano. L’ultimo salvataggio, avvenuto come detto durante la visita di Di Maio a Tripoli, potrebbe rappresentare un’inversione di tendenza in tal senso. È ancora presto per dirlo, tuttavia gli incontri degli ultimi giorni lungo l’asse Italia – Libia potrebbero aver aperto qualche spiraglio.
Anche perché sia nella visita a Roma del ministro dell’interno libico Fathi Bashaga, avvenuta lo scorso 3 febbraio, che negli incontri odierni di Di Maio a Tripoli, il principale argomento affrontato ha riguardato proprio l’immigrazione e, in particolare, il memorandum siglato nel 2017 e rinnovato proprio il 2 febbraio scorso. Un accordo quello a cui l’Italia ha chiesto delle modifiche, inviate ufficialmente al governo libico nei giorni scorsi.
È evidente dunque come tra le due sponde del Mediterraneo sia in corso un’importante contrattazione sul tema migratorio. Ed indubbiamente si potrebbe anche pensar male: l’inattività della Guardia Costiera a gennaio ed il parziale funzionamento attuale potrebbero essere stati in qualche modo “voluti” in vista delle riforme sul memorandum e delle odierne contrattazioni? Ancora presto per dirlo, ma sotto questo fronte i sospetti potrebbero non essere mai pochi. E, contestualmente, la prudenza in questo contesto non è mai troppa.
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