“Marero” della Ms13 accoltella ventenne a Milano

Millantava l’appartenenza alla Ms13, la famigerata gang salvadoregna responsabile di sanguinosi omicidi tra America Centrale, Stati Uniti e Italia, ma in quanto a violenza non aveva nulla da invidiare ai veri “mareros”; il personaggio in questione è Armando Osmin Perez Solorzano, salvadoregno classe 1988, in Italia da parecchi anni e con un notevole curriculum criminale alle spalle.

Tra il 2014 e il 2019, il sedicente “marero” aveva infatti collezionato ben nove precedenti per reati contro la persona, tra cui una rapina al Carrefour di Abbiategrasso (dove viveva), due aggressioni e una serie di violenze contro la moglie e la figlia che erano poi andate via di casa.

L’ossessione di Solorzano per la Ms13 era talmente forte che non solo si vestiva come i membri della gang (t-shirt large, cappellino, catenona) e diceva a tutti di essere “marero” ma, al momento di firmare i documenti consegnatili da Carabinieri e Pubblico Ministero, aveva persino scritto “Ms13” al posto del proprio nome e cognome. Eppure gli inquirenti sono stati chiari sul fatto che non vi siano riscontri sulla reale appartenenza di Solorzano alla Ms13.

L’aggressione del 15 dicembre e l’arresto per rapina

Lo scorso 15 dicembre Solorzano si era reso responsabile di un’aggressione a Milano, fuori di un locale latino, il “Baja Club” di via Ottavio Rinuccini, zona Rovereto. Intorno alle 5 di mattina, in stato di ebrezza, aveva rotto una bottiglia e ferito al collo un connazionale ventenne, dopo averlo accusato di essere di una gang rivale (cosa tra l’altro non vera) ed era poi fuggito lasciando la vittima in un lago di sangue che il titolare del locale aveva poi provveduto a ripulire con acqua e candeggina, come accertato dai Carabinieri.

Una ferita di oltre 15 centimetri che sarebbe certamente risultata fatale per il giovane, se non fossero tempestivamente intervenuti i paramedici del 118. I Carabinieri, giusti repentinamente sul posto, hanno però avuto difficoltà a raccogliere le testimonianze, anche perchè il proprietario del locale in questione non si è dimostrato affatto collaborativo. Le telecamere della discoteca non erano tra l’altro in funzione, ma gli inquirenti sono comunque riusciti a recuperare elementi utili da una videocamera condominiale e da lì individuare le persone presenti e i rispettivi profili social dove erano state pubblicate le foto della serata. A quel punto l’aggressore è stato riconosciuto in una foto nella quale compariva assieme a una persona estranea ai fatti e tramite la banca dati “C-Robot” (che raccoglie tutti i foto-segnalamenti e li compara con un’altra fotografia attraverso dei parametri fisionomici), e gli investigatori sono riusciti a risalire all’identità di Solorzano, che risultava però già in carcere a Pavia in quanto arrestato il 31 dicembre per la rapina al Carrefour di Abbiategrasso.

Un’ulteriore “chicca”, due giorni dopo il tentato omicidio fuori della discoteca, Solorzano si era presentato in caserma per un obbligo di firma portando in tasca un coltello di 22 centimetri ed era stato nuovamente denunciato.

Un millantatore? Un frequentatore di quella “zona grigia” che attira personaggi non ufficialmente membri della gang, ma che ruotano attorno a loro? Difficile dirlo con certezza. Gli inquirenti, come già sottolineato, non hanno individuato alcun elemento che ricolleghi Solorzano alla Ms13. Una cosa è certa, il soggetto si è ampiamente calato nella parte del “marero” e ha fatto tutto il possibile per guadagnarsi un’identità violenta che nella sua mente era legata al mondo delle Maras.

il giornale.it

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