La ricetta anti crisi di Conte: tutto, tranne quello che serve

La statistica nasce come scienza per offrire allo stato «l’agio di prevedere e provvedere», come si legge nei dizionari del secolo scorso.

Le reazioni alla debacle della produzione industriale certificata dall’Istat lunedì, ma anche agli altri campanelli di allarme sulla crescita, compresi quelli recenti che tengono conto degli effetti del Coronavirus, fanno pensare che per il governo in carica il «provvedere» si possa limitare a qualche dichiarazione. O a misure che non hanno nulla a che vedere con l’emergenza.

Il ministro allo Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha auspicato uno «sforzo immediato per invertire la tendenza». Il ministero dell’Economia ha dato la colpa del tonfo di dicembre della produzione (meno 4,3% rispetto allo stesso mese del 2018) ai ponti e al clima internazionale.

Per quanto riguarda il prevedibile effetto negativo sul Pil del virus, il premier Giuseppe Conte e il ministro Roberto Gualtieri hanno annunciato provvedimenti d’emergenza.

Ma ieri l’unica contromisura che circolava nei palazzi della politica era quella annunciata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio: 300 milioni di euro per sostenere le aziende italiane che esportano.

Le altre misure sono i capisaldi della «fase due». Quindi revisione dell’Irpef, che per il momento si muove su cambiamenti degli assegni familiari e una maggiore progressività dell’imposta. Il tutto da coprire con nuove entrate. Di fatto misure per aumentare i redditi delle famiglie, con a disposizione pochissime risorse.

Il gruppo di esperti d pensioni del ministero del Lavoro è poi al lavoro su una revisione di Quota 100 che dovrebbe essere pronta a fine estate e potrebbe scattare già dal prossimo anno e consiste nella possibilità di anticipare il ritiro dal lavoro, con una penalizzazione che dovrebbe essere il ricalcolo dell’assegno con il metodo contributivo anche per chi ha il sistema misto. È poi a buon punto la proposta per il salario minimo.

Difficile catalogare la riforma fiscale del governo (compreso il recente taglio del cuneo fiscale» che è in realtà un’estensione del bonus Renzi) come una ricetta per fare ripartire l’industria.

In compenso, dall’agenda del governo sono scomparsi molte proposte che in qualche modo avrebbero dato una mano alle imprese italiane, alle prese con condizioni molto più punitive rispetto ai competitori. Per un periodo si era parlato di una revisione del decreto dignità, che limita i contratti di lavoro a termine e si è rivelato un disincentivo alla buona occupazione. Sul Milleproroghe, messo in ombra dal braccio di ferro sulla prescrizione, c’è stato uno scontro nella maggioranza per eliminare o modificare la plastic tax e la sugar tax. Dopo le prime rassicurazioni date a Italia viva di Matteo Renzi, contraria alla nuova imposta, il tema è subito uscito dall’agenda del governo. La priorità sembra non essere la produzione di ricchezza, ma la redistribuzione del poco che c’è.

il giornale.it

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