Coronavirus, come guadagnare nonostante l’emergenza: la parola agli esperti
Quanto può pesare il panico da Coronavirus sull’economia mondiale? Nessuno ha la sfera di cristallo e molto dipenderà dall’evolversi della situazione sanitaria nelle prossime settimane, ma secondo le ricerche più accreditate nell’ipotesi peggiore l’accentuarsi dell’emergenza cinese a livello globale potrebbe valere un rallentamento di un altro 0,5% della ricchezza prodotta. Che per gli Stati Uniti vorrebbe dire passare dall’1,9% a un più modesto 1,4%, per l’Europa sfiorare la recessione, visto che le stime pre-virus la davano con una crescita di poco inferiore all’1%, e per la Cina chiudere intorno al 5% che sarebbe già un grande successo. E’ da qui che bisogna partire se si vuole avere un’idea delle prospettive dei mercati nei mesi a venire.
“I Paesi che possono contare su forti consumi interni – spiega a Libero il consigliere delegato di Cfo Sim Massimo Maria Gionso – avranno meno ripercussioni, purtroppo in Europa e soprattutto in Germania, basti pensare alla componentistica del settore auto, il Pil è fortemente correlato alle dinamiche di import ed export e quindi le conseguenze saranno più evidenti”. E veniamo all’Italia che è al centro dell’Europa e che già di suo cresce di meno della maggior parte dei Paesi dell’Unione. “Turismo e beni di lusso – evidenzia Vincenzo Polidoro, amministratore delegato di First Capital – sono i settori che risentiranno di più della crisi. La spesa dei visitatori cinesi vale il 35% degli acquisti voluttuari nel nostro Paese. Soffriranno tutti i settori legati alla cosiddetta hotellerie (l’industria alberghiera) e le compagnie aeree che già nell’immediato stanno subendo effetti abbastanza pesanti”.
Ma c’è un però. L’osservazione del passato, infatti, ci insegna che un’inversione di tendenza si ha al raggiungimento del picco della diffusione del virus. “Soprattutto con la Sars nel 2003, ma anche con le altre epidemie come la suina, abbiamo visto che nel primo mese di emergenza i mercati di riferimento del Paese d’origine (in questo caso sarebbe la Cina) hanno perso il 10%, salvo recuperare la stessa percentuale nel mese successivo e più del 30% nel tre mesi a seguire”. Insomma, è bene tenere in conto tutti i rischi che stiamo correndo e in parte stiamo già scontando, ma vale la pena ricordare che in passato situazioni simili hanno portato anche a fasi di ripresa repentina che un accorto investitore potrebbe sfruttare. Tutto sta ad anticipare i tempi.
“Le materia prime – continua Polidoro – hanno già perso diversi punti percentuali, a partire dal petrolio (meno 20%) e dal rame (-8,5%) e quando ci saranno i primi segnali di stabilizzazione dell’epidemia potrebbero invertire repentinamente la tendenza. E lo stesso vale per tutte le società legate al settore oil&gas, mentre per i gruppi del lusso e quelli industriali particolarmente esposti alla Cina (mercato di sbocco e approvvigionamento) la ripresa potrebbe essere più lenta”.
Del resto, nonostante l’impatto negativo del coronavirus sui mercati c’è ancora grande liquidità che per assicurarsi rendimenti adeguati più che all’obbligazionario guarda all’equity: “Un’occasione – continua Gionso – può essere data dalla nuova normativa sui Pir (Piani individuali di risparmio) grazie ai quali è possibile puntare sulle Mid cap – società con una capitalizzazione che arriva fino a 500 milioni di euro – con un buon grado di diversificazione. Se guardiamo anche all’estero, a mio parere il mondo delle aziende ritenute ad alte potenzialità di crescita, da Netflix a Tesla, è molto sopravvalutato, mentre le imprese legate ai settori tradizionali come la farmaceutica o il food sono ancora in grado di garantire flussi costanti. Poi ci sono le nicchie come quella dei pagamenti digitali, del biotech, del fintech, della robotica e delle intelligenze artificiali da guardare con interesse. Più che sulla singola azine punterei sui panieri di titoli realizzati da gestori e Sicav specializzate”.