Prescrizione, la Meloni sfida Renzi: «Speriamo che il suo altolà non sia un penultimatum»
L’ultimatum lanciato da Matteo Renzi sulla prescrizione accende l’interesse dell’opposizione. «Spero che vada fino in fondo», esorta Giorgia Meloni dagli studi di Sky Tg24. Il problema è solo di merito: «Non ho alcuna simpatia per il fenomeno Renzi – premette la leader di FdI -, però penso che questa norma così fatta, in assenza di qualunque provvedimento sui tempi dei processi, devasta lo stato di diritto».
L’ex-premier: «Sulla prescrizione pronti a votare no»
L’interesse della Meloni per la sortita del leader di Italia Viva è più che fondato. Sulla prescrizione il Conte bis rischia davvero di farsi male. Se il premier non media, il rischio che i renziani votino con il centrodestra l’emendamento del forzista Costa, soppressivo del testo Bonafede, è concretissimo. L’appuntamento in aula è fissato al 24 di febbraio. Prima, però, c’è un’altra mina da disinnescare: il decreto milleproproghe. Lì, infatti, c’è un altro emendamento, prima firmataria la renziana Lucia Annibali, che sposta di un anno l’entrata in vigore della riforma (in realtà in vigore dal 1° gennaio). Una doppia trappola: o l’abolizione della prescrizione si sposta più in là nel tempo o è cancellata dalla convergenza tra Iv e centrodestra. Renzi è stato chiaro: «Senza di noi non c’è più maggioranza al Senato».
Mezzo Pd fa sponda al leader di Iv
La palla ora è nella metà campo di Conte. E del Pd, il vero bersaglio di Iv. Non stupisce perciò che le reazioni più preoccupate arrivino proprio dal partito di Zingaretti. E prendono tutte di mira Bonafede. «Stupisce che il ministro non si renda conto che la sua posizione è del tutto insostenibile», attacca il deputato Stefano Ceccanti. Che ha buon gioco nel puntualizzare che lo stop alla prescrizione dopo il primo grado è stato votato da Salvini al tempo del Conte 1. Mentre le forze che oggi governano col M5S avevano presentato una pregiudiziale di costituzionalità. «Possibile – ironizza Ceccanti – che non si renda conto che lui è rimasto al suo posto ma che la maggioranza è cambiata?». Ancora più esplicito il vicecapogruppo al Senato Dario Stefano: «Bonafede si deve arrendere alla realtà».