L’Algeria ruba il mare all’Italia e manda migranti in Sardegna
Una notizia passata inosservata, ma che dopo essere stata rilanciata nei giorni scorsi potrebbe riservare non poche clamorose ripercussioni a livello politico e non solo.
Il caso riguarda le rivendicazioni algerine sul mare antistante la Sardegna. Un contesto non dissimile da quello che, sotto il profilo geopolitico internazionale, è apparso come uno dei casi più delicati degli ultimi mesi e che ha a che fare con il memorandum turco – libico che estende le rispettive Zee (Zone Economiche Esclusive) a ridosso delle acque territoriali di altri Stati.
Cartina alla mano, a tirare fuori il caso è stato l’ex presidente della Regione Sardegna, Mauro Pili: “Ad attaccare i confini internazionali a mare questa volta è l’ Algeria – ha dichiarato Pili – che, con decreto del presidente della Repubblica del 21 marzo del 2018, ha messo nero su bianco i nuovi confini della propria zona economica esclusiva marittima”.
Algeri, con un tratto di penna sulla mappa, di fatto si è accaparrata un tratto di mare antistante le acque territoriali italiane difronte la Sardegna: “L’operazione è emersa solo qualche settimana fa – ha spiegato l’ex presidente sardo – ma è stata tenuta segreta di fatto in Italia”.
Secondo Mauro Pili, il paese nordafricano avrebbe esteso la propria Zee in tutta la zona del Mediterraneo passante davanti Sant’ Antioco, Carloforte, Portovesme, Oristano, Bosa e Alghero. Di fatto, il mare della Sardegna occidentale sarebbe per intero delimitato dalla nuova zona economica algerina.
Un fatto certamente rilevante da un punto di vista politico, ma anche da quello economico: il rischio è che la Sardegna e l’Italia possano essere limitati nello sfruttamento delle risorse marine delle acque internazionali vicine al territorio formalmente del nostro paese. Un pescatore di Alghero o di Oristano, per fare un esempio, potrebbe essere accusato da Algeri di appropriazione di “proprie” risorse se trovato con il peschereccio anche ad appena 13 miglia dalla Sardegna.
L’ex presidente Pili ha accusato tutti i vari governi succedutisi dal marzo 2018 in poi: “Come al solito – ha dichiarato l’esponente politico – il nostro paese dorme e soltanto qualche settimana fa ha presentato una protesta formale alle Nazioni Unite”.
La querelle è dunque diventata tale solo alla fine del 2019, con la recriminazione dell’Italia avanzata all’Onu, nonostante il decreto algerino sia in vigore da almeno un anno e mezzo prima. Ed in quel lasso di tempo non sono mancati incontri e vertici bilaterali tra esponenti del governo di Roma e di Algeri. Eppure, la questione non era mai stata messa in agenda.
“Nonostante il tentativo dell’Italia di porre rimedio a questa gravissima falla nel sistema della tutela dei confini a mare e delle acque internazionali – ha dichiarato ancora Mauro Pili – Dall’Onu non è arrivata sino a oggi nessuna risposta. Sorprende come tutte le forze politiche e gli stessi governi, sia quello italiano che quello sardo, non siano stati in grado di respingere questo ennesimo blitz ai danni della Sardegna e dei sardi. Svendono la Sardegna e anche il suo mare”.
Nel mirino di Algeri non soltanto le risorse derivanti dalla pesca, bensì anche quelle energetiche. La questione però, potrebbe riguardare anche quella migratoria. Già dal 2017 il Sulcis ha iniziato a fare i conti con il fenomeno degli sbarchi fantasma, il quale ha portato nelle coste del sud della Sardegna decine di barchini partiti dall’Algeria.
“Se l’Italia cede la propria sovranità sul tratto di mare fra la Sardegna e l’ Algeria – ha dichiarato già alcuni mesi fa il capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione difesa, Salvatore Deidda – il messaggio suona: «Accomodatevi, fate pure come se foste a casa vostra». Ed ecco come le coste sulcitane sono divenute la meta preferita per migliaia di migranti algerini”.
La questione appare tanto delicata, quanto poco approfondita sotto il profilo mediatico e politico. Eppure, la scelta unilaterale algerina oltre a costituire fonte di pericolo economico per il nostro paese, potrebbe dare dell’Italia un’immagine di un paese sempre più debole nel Mediterraneo e sempre più marginale nel contesto del cosiddetto “mare nostrum”.
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