Allarme Tbc a scuola: “4 bimbi sono risultati positivi al test”

Non c’è solo il coronavirus a minacciare i bambini romani. Se, per ora, la misteriosa infezione cinese non si è ancora palesata nelle aule scolastiche, diversi alunni in questi giorni sono risultati positivi al test di Mantoux.

In poche parole, i bimbi, potrebbero aver contratto la tubercolosi.

La notizia arriva dall’Istituto comprensivo Santa Beatrice, in via dell’Oratorio Damasiano, alla periferia est della Capitale. Una struttura che ospita circa mille scolari. “Venerdì scorso – racconta un papà che vuole rimanere anonimo – i vertici della scuola ci hanno informati dell’esistenza di un problema di carattere sanitario nel plesso, senza ulteriori dettagli”. Una comunicazione vaga, che ha inevitabilmente fatto scattatare la psicosi collettiva tra i genitori. “Abbiamo temuto potesse trattarsi di un caso di coronavirus o di meningite”, ricorda il papà. Poi, qualche giorno più tardi, nel corso di una riunione straordinaria, è arrivata la notizia: “Ci sono quattro casi di tubercolosi asintomatica”.

Tutti e quattro i minori coinvolti provengono dal campo rom di via Candoni, finito tristemente alla ribalta in seguito alla morte di Alessia, la neonata ritrovata senza vita lo scorso novembre in uno dei container della favela. Un vero e proprio ghetto, dove vivono circa 400 persone in condizioni igienico-sanitarie da incubo. L’attivazione del protocollo sanitario è stata immediata. Così sono iniziati gli screening con test tubercolinico per cerchi concentrici su alunni e personale scolastico che sono stati a contatto con i bimbi risultati positivi al Mantoux. “Lunedì arriveranno i primi risultati, siamo in grande apprensione”, racconta il genitore. “Anche se dalla Asl ci hanno spiegato che il rischio di contagio è minimo, abbiamo comunque paura”. E non aiuta a distendere gli animi la circolare diramata qualche ora fa dai vertici dell’Istituto di via Damasiano: è stato trovato anche un caso di scarlattina.

Sono quattro le sezioni attenzionate dai medici del servizio sanitario locale: una dell’asilo, una della terza e due quinte. Ma non dorme sonni tranquilli neppure chi ha i figli in classi “non a rischio”. “Il pericolo c’è sempre perchè i bambini si incontrano in giardino e a mensa, inoltre – aggiunge il papà – gli alunni che provengono dal campo di via Candoni, probabile epicentro del focolaio, sono una decina. Dovrebbero controllarli tutti”. Sarebbe bastata qualche accortezza in più per evitare alle famiglie coinvolte questo strazio. “Le condizioni in cui vivono i bambini di via Candoni sono al limite della sopravvivenza, senza acqua corrente, circondati da immondizia e topi, allora ci domandiamo perché non vengano sottoposti a dei controlli periodici”. La richiesta dei genitori, adesso, è di effettuare gli screening antitubercolari anche sugli altri alunni dell’insediamento. E non solo: “In via precauzionale, dovrebbero evitare di stare a contatto con gli altri studenti”, insiste l’uomo. Un’ipotesi che è stata subito scartata, perché la scuola è un diritto che non può essere negato.

Così, a mamme e papà più apprensivi non resta che tenere i propri figli a casa. “Sono bimbi come i nostri – ci tiene a chiarire il genitore – ma non è giusto che per garantire la loro inclusione si debba mettere a rischio una scuola intera”. Le misure adottate sin qui non convincono neppure Daniele Catalano, coordinatore della Lega Giovani di Roma. “Invieremo una nota ufficiale al ministro dell’Interno e a quello della Salute per chiedere di adottare ulteriori provvedimenti per ridurre il rischio di diffusione di simili malattie nell’interesse di tutti i minori, in primis di quelli che abitano nel campo di via Candoni”, annuncia Catalano. Al netto della “massima fiducia” riposta negli operatori sanitari, per il leghista, “è tempo di interventi drastici”. “E spero – conclude – che i buonisti della prima ora non diano voce alla loro consueta ipocrisia”.

il giornale.it

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