D’Alema: “La Lega non è fascista, ma Matteo Salvini certamente sì”
Ogni giorno rilascia interviste dove ripete che non vuole essere intervistato e quando gli chiedono se pensa al Quirinale risponde «non ci penso», ma subito dopo precisa, «i 101 che mi tradirono sono tutti lì» e non è altro che il modo che utilizza Romano Prodi per far sapere che non solo ci pensa, ma che studia ancora come vendicarsi.
Anche se nega: «Nonno al Quirinale? – ha detto alcune settimane fa al Corriere – Bene, di questa espressione mi interessa solo la parola nonno. Un nonno felice».
Nella sola giornata di ieri ha parlato con Repubblica, titolo di apertura, «Spalanchiamo il Pd», ma la sera prima era a Quarta Repubblica, per fare sapere che «le Sardine hanno animato l’Emilia» e sul Corriere della Sera, su carta, ha aggiunto che «mi è dispiaciuto non averle organizzate io», ma poche ora prima, sul sito, offriva ripetizioni a Matteo Salvini: «È già al secondo errore».
Nell’ultimo mese è intervenuto nel dibattito con otto colloqui, lui li chiama cosi, su ben cinque quotidiani diversi, a volte infatti raddoppia, (Corriere, Repubblica, Tpi, Qn, La Stampa), ha firmato cinque editoriali sul Messaggero (ovviamente sulle grandi questioni internazionali). E si è fatto fermare dagli inviati di Non è l’Arena, ospitare da TvSat2000, un altro passaggio ancora su Quarta Repubblica, ha trovato tempo per presentare il libro in memoria di Lucio Sicca, Maestri e allievi, occasione per alcuni pensieri a margine, ma anche l’altro volume Prendersi cura dell’Italia (per gli appassionati, troverete anche un suo saggio) e poi, scusate il fiatone, è stato ospite degli amici di +Europa, e non poteva non accettare il collegamento radiofonico con In Viva Voce su Radio Uno, ma anche a Circo Massimo su Radio Capital perché il mezzo è il messaggio, ma il messaggio è sempre quello: «Il Quirinale sono io». Se in parlamento sono almeno 101 gli onorevoli che non lo vogliono presidente della Repubblica, nella grande banca dati, la memoria dell’agenzia Ansa, sono 3.159 le note che lo riguardano nell’ultimo anno e dal conto togliamo quelle della bravissima Sandra Zampa, la sua storica portavoce che perfeziona, anticipa il pensiero del «Professore», nei suoi rarissimi momenti di silenzio.
È vero che di Prodi l’Italia non può farne a meno, ma nelle ultime ore comincia ad averne così troppo da essere angosciata della sua iperattività. E dunque, domanda il Corriere, «Professore, a pranzo mangia Sardine?». E lui: «No, le sardine non si mangiano. Si rispettano». E allora, rinforza Repubblica, «Professore, ma è vero che è lei il burattinaio delle sardine per aprirsi la strada del Quirinale?». Suvvia, ma che sciocchezze! «Tutti sanno che mi piace restare nella pianura Padana. Quanto ai pesciolini, bisogna stare attenti alle sardine e non a noi aringhe affumicate». Come si può ancora pensare e scrivere che Prodi, il nonno sardina, intervenga e diriga questi ragazzi o il Pd? Queste sono solo alcune delle recenti dichiarazioni (ma non aveva spostato la sua tenda?). «La lezione è chiara. I dem devono aprirsi»; «Il Pd? Un partito esclusivo di dieci persone». Solo per dire – e lo ha detto Paolo Bracalini su il Giornale – quanto è sofferto e temuto dalla sinistra, basti pensare che l’intero 2019 è stato dedicato anno prodiano, un po’ come fanno i cinesi quest’anno con il topo: «Auguri professore per i tuoi 80 anni». E infatti le sue riflessioni da cattolico adulto sono già cinema, documentario, «Ottanta! Riflessioni di Romano Prodi». Non possiede la «Bestia» di Salvini, ma ultimamente non fa altro che citofonare analisi che sono sempre cattiverie spacciate per pensieri profondissimi.
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