Pagheremo i migranti per insegnare loro a diventare imprenditori
Giovani italiani spaparanzati sul divano grazie al reddito di cittadinanza e giovani africani sui banchi, a scuola d’impresa.
Il governo giallorosso in barba alle promesse dei ricollocamenti e dei rimpatri volontari sta organizzando sulle spalle dei cittadini un sistema destinato a mantenere in Italia immigrati in parte regolari ma anche richiedenti asilo e diniegati ricorrenti. Lo scopo è quello di realizzare, con 15 milioni di euro, percorsi formativo-imprenditoriali rivolti agli stranieri presenti in Campania, Puglia, Basilicata Calabria e Sicilia. Mentre l’erogazione dei fondi, gestita dall’Ente nazionale per il microcredito andrà essenzialmente a tutte quelle realtà che su ciascun territorio terranno corsi di formazione, stage e addestramento: cooperative e onlus specializzate ormai da anni a mettere in piedi progetti di inclusione che, fino a oggi, hanno dato esigui risultati. Ma tant’è. Ci si riprova rinominando i progetti, i programmi di intervento e le modalità di organizzazione pur di elargire soldi pubblici alla macchina dell’accoglienza. Quest’ultimo progetto si chiama Fasi, acronimo di Formazione auto-imprenditoria startup per immigrati ed è finalizzato a favorire lo sviluppo aziendale fino al conseguimento di una piena autonomia occupazionale e della tanto agognata integrazione socio-economica. Italiani esclusi ovviamente.
Qualche giorno fa, in concomitanza alla presentazione dell’intero pacchetto di accompagnamento all’auto-imprenditorialità, il progetto ha ricevuto anche il plauso del cardinale Gualtiero Bassetti, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Colui che inveì contro Salvini, reo di aver baciato il crocifisso del rosario durante una manifestazione politica. Vale a dire che sugli obiettivi da realizzare sono tante le aspettative. Alcune assai ambiziose: «creare relazioni dirette tra ciascun immigrato e gli enti erogatori di microcredito», «fornire a banche e intermediari finanziari una valutazione ad hoc di ciascun immigrato» e non ultimo «fornire assistenza tecnica personalizzata». I prescelti sono 3mila immigrati su un totale di 424mila come conteggiato dal Viminale che avrà accesso a 80 ore di formazione civica, economica e imprenditoriale realizzata attraverso lezioni dirette in grado di «promuovere l’acquisizione da parte dei partecipanti delle competenze specialistiche finalizzate all’avvio di attività imprenditoriali». Inoltre a fine corso ci sarà anche una selezione e 25 di questi avranno accesso a 100 ore di formazione specialistica, che consentirà loro di potersi candidare all’iscrizione all’elenco nazionale obbligatorio dei tutor. Ai più meritevoli verrà elargito un microcredito (dai 3 ai 5mila euro) per mettere in piedi una propria attività. La ricaduta di questo progetto può essere considerata in maniera duplice: da un lato l’apertura a una sanatoria degli immigrati volenterosi di cercare un lavoro tanto da impegnarsi nella formazione, esattamente come scritto nella proposta di legge 18. Dall’altro un passo verso la riapertura degli Sprar visto che questi fondi andrebbero proprio ai gestori dei servizi di protezione per i richiedenti asilo. Il ritorno all’era Alfano e Minniti è servito.
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