“Niente cittadinanza a chi non sa l’italiano”. L’appello ai colleghi del sindaco di Asti
«Essere cittadini italiani e non conoscere la lingua italiana, credo sia un’assurdità. Per questo mi chiedo come sia possibile conferire la nazionalità a stranieri che non hanno saputo neppure leggere il giuramento previsto dalla cerimonia di conferimento della cittadinanza.
Più che integrazione, questa mi pare una presa in giro».
Il sindaco di Asti, Maurizio Rasero, non ci sta a fare il semplice passacarte e dopo l’ennesimo episodio di cittadini stranieri che diventano italiani ma non sanno pronunciare una parola nella nostra lingua, si è rivolto all’Anci – l’Associazione nazionale dei Comuni italiani – affinché diventi portavoce in Parlamento, perché chi deve verificare il possesso dei requisiti previsti dalla legge lo faccia, chiedendo a tutti un certificato che attesti il livello di conoscenza dell’italiano.
«Credo fermamente nella solennità di questa cerimonia – prosegue il primo cittadino nella lettera spedita all’Anci – e non mi sono mai sottratto a questo dovere. In un anno e mezzo di mandato, ho sempre conferito in prima persona la cittadinanza, ricordando che per Asti questi nuovi cittadini sono una grande risorsa. Però mi chiedo come si fa a giurare di onorare e rispettare le nostre leggi se poi non si sanno neppure leggere né capire. Ho ricevuto il giuramento di stranieri che non sono riusciti a leggere la formula di rito e sapevano solo pronunciare tre parole: sì, capito, va bene».
Una norma per certificare questo importante requisito, però c’è, ma evidentemente almeno in certi casi non viene rispettata. «Nel 2016 – precisa Rasero – l’allora ministro dell’Interno Alfano, affermò che il decreto di riconoscimento della cittadinanza italiana deve essere adottato in esito a una complessa attività istruttoria, durante la quale si dovrebbe anche accertare il grado di conoscenza linguistica. Ma una volta concluso l’iter, l’ufficiale di stato civile non ha alcun potere di effettuare controlli sul reale grado di conoscenza della lingua italiana da parte del richiedente. Noi sindaci, che accogliamo il giuramento non possiamo più intervenire, ma così si rendono cittadini italiani persone che non sanno parlare né leggere la nostra lingua».
Soprattutto per le persone adulte, apprendere una nuova lingua non è facile. «In questo caso – propone il sindaco – si può aspettare e concedere la cittadinanza più avanti, quando sono in grado di capire cosa dice la Costituzione sulla quale stanno giurando».
Anche il decreto Salvini ha recentemente modificato gli articoli 5 e 9 della legge 91 prevedendo, all’atto di presentazione dell’istanza, l’obbligo di dimostrare il possesso di un’adeguata conoscenza della lingua italiana. «Evidentemente c’è qualche cosa che non funziona. Dal giugno 2017 come ufficiale di stato civile ho celebrato 287 giuramenti per il riconoscimento della cittadinanza italiana ma a molti di loro mancava il presupposto prioritario per l’integrazione», conclude Rasero.
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