Immigrazione, la nuova idea della commissione: “Dare cornice legale alle Ong”
C’è una parte del discorso ricavato dall’intervista che Margaritis Schinas, vice presidente della commissione europea, ha rilasciato al quotidiano La Repubblica che appare piuttosto “ambigua”.
E questo sia da un punto di vista prettamente politico, quanto “tecnico”. In particolare, nel colloquio con il corrispondente di Repubblica, Alberto D’Argenio, il rappresentante greco nella commissione di Bruxelles ha parlato di Ong con riferimento ovviamente all’immigrazione: “Le Ong sono una parte della soluzione e fanno un grandissimo lavoro – ha dichiarato Schinas – Tuttavia devono essere inquadrate in una cornice legale che al momento non c’è”.
Ecco, è bene ripartire da quest’ultima parte di questa affermazione: le organizzazioni non governative, secondo il vice presidente della commissione europea, al momento non stanno operando all’interno di una cornice legale.
Una frase del genere, vuol dire una sola cosa e senza avventurarsi in altre interpretazioni: le ong, evidentemente, non stanno svolgendo un’azione legale. Forse, secondo la visione politica del vice presidente della commissione, la loro opera è ammirevole ed è preziosa ma, ad oggi, non compresa dentro un contesto di legalità. E, paradossalmente, un’affermazione del genere non è poi così lontana da quanto dichiarato negli ultimi mesi dall’ex ministro dell’interno Matteo Salvini. Nel suo elogiare l’opera delle Ong, Schinas ha però ammesso (forse imprudentemente) che tali organizzazioni svolgono un lavoro non compreso del tutto all’interno degli alvei della legalità.
Fin qui il dato tecnico dell’ambiguità rintracciabile nel discorso del vice presidente della commissione europea. C’è poi l’ambiguità di natura politica: secondo quanto da lui dichiarato, evidentemente l’Europa ha in mente di legalizzare ciò che fino ad oggi non è ritenuto legale. Dunque, potrebbe essere emerso un disegno volto ad “istituzionalizzare” il ruolo delle organizzazioni non governative.
In pratica, secondo Schinas, si potrebbe rendere ufficiale il lavoro delle organizzazioni, dare loro il rango di enti incaricati di andare a prendere i migranti a largo della Libia. In questo caso, più che l’ambiguità ad emergere è in realtà il poco senso politico di questa affermazione. Al di là del giudizio che si può avere sull’operato delle Ong, per qual motivo però l’Europa dovrebbe in futuro delegare loro ufficialmente un ruolo, quale quello del pattugliamento del mare antistante i confini, che dovrebbe invece spettare agli Stati o, al massimo, ad operazioni comunitarie?
Le Ong stesse più volte hanno ammesso di esistere per “sostituirsi” ad un’Europa che non garantisce la sicurezza dei migranti. Dunque, non si comprende secondo quale ratio il vice presidente della commissione europea è arrivato a pensare di delegare la risoluzione del problema a quelle organizzazioni che hanno come scopo principale quello di sostituirsi al ruolo della stessa Ue.
Poche idee, ma molto confuse: verrebbe questo da pensare nel leggere le dichiarazioni di Schinas. Il quale poi, come fatto dal ministro dell’interno Lamorgese nei mesi scorsi, è tornato a parlare del cosiddetto “accordo di Malta” sul ricollocamento dei migranti negli altri paesi europei.
Un accordo che, come detto più volte, accordo in realtà non è: si è trattato in realtà di una prima intesa di fondo tra quattro Paesi Ue, contenuta in un foglio con 5 punti principali sottoscritti il 23 settembre scorso a Malta. Un’intesa che, peraltro, non solo non è mai entrata in vigore ma è stata anche cassata dalla stragrande maggioranza dei ministri dell’interno riuniti in Lussemburgo l’8 ottobre scorso.
Ma secondo Schinas, “l’accordo sta funzionando benissimo, nei primi 8 mesi del 2019 ci sono stati 85 ricollocamenti – ha dichiarato il politico greco – Da settembre, ovvero da quando l’ Accordo è in funzione, sono stati redistribuiti 400 migranti sbarcati in Italia”. Numeri che in realtà nascondono il fatto che l’accordo, come detto, non è mai diventato vincolante e che i meccanismi di redistribuzione sono gli stessi di prima. Semplicemente, sotto il profilo politico, c’è volontà da parte di Bruxelles (così come di Berlino) di mostrarsi al fianco del governo giallorosso ed offrire all’esecutivo Conte II una sponda politica dietro la quale trincerarsi visto che, come dimostrano anche i primi dati del 2020, il trend degli sbarchi è in continuo aumento.
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