Quell’autogol della sinistra affossa-negozi
Il 2019 è stato per il consumatore un anno di grande difficoltà, perché l’economia sta declinando e nel trimestre settembre-novembre 2019, le vendite al dettaglio diminuiscono dello 0,1% sia in valore sia in volume rispetto al trimestre precedente.
Le vendite dei beni non alimentari calano dello -0,1% in valore e -0,2% in volume e quelle dei beni alimentari calano dello 0,1 in volume e rimangono identiche a quelle del trimestre precedente in valore, tramite il crescente ricorso ai discount. Rispetto ai primi undici mesi del 2018, il consumo di prodotti alimentari è aumentato dello 0,2% in volume ed è cresciuto in valore dell’1%, non perché è migliorata la qualità della spesa, ma perché i prezzi sono aumentati dello 0,8% nonostante la crisi. Per contrastare le difficoltà il consumatore di generi alimentari si rivolge sempre di più alla grande distribuzione, in particolare ai discount, che ovviamente offrono prodotti di qualità minore. Questa situazione si ripete, in un quadro più differenziato, per i generi non alimentari in cui in volume c’è un aumento dello 0,5 e in valore dello 1,1 per cento. La ragione di questa crescita sta tutta nell’aumento delle vendite di prodotti elettronici di piccola dimensione e di consumo corrente, che registra un vero boom, il +15% in undici mesi. Ciò mentre c’è una rilevante diminuzione degli acquisti di medicinali e di elettrodomestici durevoli (frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie e televisori).
Anche in questo quadro variegato del settore non alimentare l’aumento di vendite si manifesta solo negli esercizi della grande distribuzione, mentre soffrono gli esercizi commerciali di piccola dimensione. Questo fenomeno, la crisi dei piccoli esercizi di vendita al dettaglio, genera un deterioramento della vitalità dei centri urbani e suburbani, perché ci sono sempre meno negozi di abbigliamento e arredamento, di casalinghi e di piccoli elettrodomestici, di computer, di giocattoli, di calzature, di mobilio, di cartoleria e di giornali, di salumeria e così via. Ma l’attuale governo, di colore rosso acceso, di ciò non si preoccupa, anzi rema contro, perché ha abolito la cedolare secca per gli esercizi commerciali, introdotta in via sperimentale per il 2019 dal precedente governo Conte I, per metà rosso e metà verde. La quale – voluta dalla Lega e da sempre cavallo di battaglia del centrodestra – serviva a contrastare una crisi che danneggia sia i residenti, sia il turismo e, in complesso, le città e i centri storici. Così si promuove quella che Einaudi denominava la «città brutta», fatta di casermoni e strade senza vita, contro la «città bella», fiorente di vita, resa accogliente dalle vetrine di tanti negozi e dal va e vieni della gente. Nell’ideologia della libertà di scelta, il piccolo è bello, da esso nasce e si sviluppa il grande. Oltre che dare respiro ai negozi in crisi e facilitare gli investimenti per il loro rinnovamento, la cedolare secca per gli esercizi commerciali riduceva l’onere fiscale sulla proprietà immobiliare. Nella ideologia comunista ed ex comunista il piccolo è brutto e la proprietà immobiliare va tartassata dal fisco. È l’ideologia della caserma, della massificazione.
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