Migranti, Libia nel caos: riparte l’invasione E l’Ue fa lo scaricabarile
I n Libia, spiegava l’Alto Commissario per le relazioni esterne Josep Borrell dopo il Consiglio dei ministri degli esteri Ue di ieri – ci sono 700mila migranti pronti a salire sui barconi.
E le prime avanguardie stanno già muovendo verso la Sicilia, Nonostante l’inverno un barchino di dieci metri con 97 persone a bordo è stato intercettato ieri a 2 miglia da Lampedusa. Altri 119 migranti, raccolti in tre diverse operazioni, sono invece sulla nave della Ong Sea Watch. E altri 75, secondo notizie circolate in serata, sarebbero stati recuperati da Open arms. Ma l’elemento più preoccupante è che per la prima volta la maggioranza sembra di nazionalità libica. Un fattore capace, potenzialmente, di moltiplicare i disgraziati pronti a mettersi in mare. Eppure sulla crisi libica continua il perverso gioco dello scaricabarile. Tutti ne parlano, ma tutti rimandano la soluzione ad altri.
E così, mentre Giuseppe Conte e Luigi Di Maio invocano l’Europa, la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen gira la patata bollente ai singoli stati e all’Onu. «Siamo per un’iniziativa sotto l’egida dell’Onu», taglia corto spiegando che il problema non è della Commissione perché «spetta al Consiglio, con i suoi Stati membri, decidere di missioni europee». La dichiarazione disarmante è purtroppo pragmaticamente realista. E infatti dal Consiglio europeo non arrivano proposte. L’unico entusiasta è Di Maio prontissimo ad attribuirsi il merito di aver convinto l’Europa a coinvolgere l’Algeria e altri paesi nella mediazione. «È stato un Consiglio nel quale l’Ue parla con una sola voce spiega – e questo lo si deve anche all’iniziativa dell’Italia di proporre una missione dell’Ue sulla Libia». Poi accenna al rischio terrorismo sottolineando la necessità «per evitarlo» di mettere «attorno a un tavolo» tutti i «paesi che hanno interferenze e interferiscono continuamente con questa guerra civile». Il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas, impegnato a nome della Germania nell’organizzazione della conferenza internazionale sulla Libia, non esita ad allinearsi alla von der Leyen. «Promuoviamo un cessate il fuoco efficace e un embargo sulle armi degno di questo nome» seguito propone – da «un processo politico sotto l’egida delle Nazioni Unite». Peccato che l’Onu tanto caro a Maas e alla von der Leyen sia il principale responsabile della decomposizione libica. È stato l’Onu con il negoziato di Shkirat del dicembre 2015 a mettere in sella il governicchio di Tripoli del re travicello Fayez al Serraj. Ed è stato sempre l’Onu l’artefice dei falliti negoziati che hanno portato all’offensiva del generale Khalifa Haftar. L’unica vera novità emersa dalle parole del ministro tedesco è quella di una collaborazione russo-europea. «Anche la Russia ha un ruolo importante in questo conflitto e vogliamo che sia coinvolta nel trovare una soluzione» – ha detto Maas aggiungendo che oggi volerà a Mosca con Angela Merkel per parlare con Vladimir Putin. Il ritorno ad un dialogo tra Bruxelles e Mosca può rappresentare una svolta per sopperire all’irrilevanza europea, supplire all’assenza Usa e tenere a bada l’interventismo turco. Per quanto il cessate il fuoco annunciato da Vladimir Putin dopo il vertice con Erdogan resti ipotetico la Russia resta la sola potenza capace di farsi ascoltare sia da Tripoli, sia da Haftar. Ed è anche l’unica con cui l’Europa può sperare d’imporre una soluzione diplomatica. Anche perché l’unica alternativa sarebbe un intervento militare. Ma per una Ue priva dell’appoggio Usa l’opzione equivale ad un’utopia.
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