Egiziano bestemmia in chiesa. Per lui una multa da 102 euro
Milano – È entrato in chiesa poco prima delle 18, con i parrocchiani radunati per la messa dell’Epifania e il parroco pronto a celebrare. Ventenne e già con precedenti, egiziano nato in Italia, senza motivi apparenti ha iniziato a dare in escandescenze, gridando e insultando tutti.
Ha concluso la sfuriata con una bestemmia, prima del rapido ma faticoso intervento della polizia.
Il parroco della chiesa Beata vergine e Immacolata e Sant’Antonio, Padre Franco, è amareggiato, non arrabbiato, e conferma l’episodio così come ieri è stato riportato, tranne un particolare. «Era alterato e violento – racconta – ma la funzione doveva ancora iniziare e abbiamo aspettato, perché disturbava, gridava cose sconnesse e non si poteva dire o fare niente. Purtroppo sono episodi che capitano di frequente, le chiese sono anche luoghi in cui trovano sfogo molte persone con difficoltà, anche psicologiche». Il racconto è presto concluso: «Sono arrivate le volanti con due agenti, poi dei rinforzi, perché faticavano. Poi non so più niente».
La triste performance del ventenne egiziano nato in Italia è finita con l’arresto della polizia, un’ammenda da 102 euro (articolo 724 del codice penale, che è stato «spostato» dalla sfera penale a quella amministrativa) e una denuncia per detenzione di stupefacenti a fine di spaccio, perché il soggetto aveva con sé due tipi di sostanze stupefacenti, marijuana e «shaboo».
Droga a parte, ha colpito ovviamente il gesto blasfemo. E molti hanno pensato a cosa sarebbe accaduto in un altro Paese, o in un altro luogo religioso. «Siamo in Italia e a questo egiziano è andata bene – ha detto il deputato leghista Paolo Grimoldi – mentre se un cristiano in uno Stato islamico avesse bestemmiato contro Allah in una moschea sarebbe stato linciato subito dai fedeli o giustiziato dalle autorità. Altro che multa da cento euro». Invita a non sottovalutare il caso il capogruppo regionale di Forza Italia Gianluca Comazzi: «Quanto accaduto – dice – è inaccettabile. Il rispetto degli altri e delle nostre tradizioni dovrebbe essere alla base del vivere civile». «Se fosse stato un cristiano a bestemmiare in una moschea di Milano – ha commentato l’assessore regionale Riccardo De Corato – oltre alle reazioni violente dei musulmani, avremmo dovuto assistere a chissà quanti strepiti della sinistra, che invece è sempre silenziosa quando a essere insultata è la religione cristiana, usando due pesi e due misure». «È questa l’integrazione modello-Milano? È questo il rispetto per la nostra cultura? – ha chiesto il capogruppo regionale di Fdi Franco Lucente – Non voglio neanche immaginare come sarebbe finito un italiano che avesse fatto la stessa cosa in un Paese islamico».
Proprio ieri cadeva il quinto anniversario della strage di «Charlie Hebdo», il giornale satirico parigino colpito da due jihadisti armati di kalashnikov per aver pubblicato le vignette su Maometto: si contarono 12 morti e undici feriti. In Pakistan, accusata (sostanzialmente senza prove) di aver offeso Maometto, Asia Bibi ha dovuto lasciare il Paese con i suoi familiari e legali, dopo un’odissea giudiziaria. Contadina, madre di 5 figli, Asia fu picchiata, stuprata e poi condannata per blasfemia dopo la denuncia di alcune donne seguita a un diverbio scoppiato nel villaggio per motivi banali (alcune di loro si erano rifiutate di bere l’acqua che lei, cristiana, aveva raccolto). Poco più di un anno fa è arrivata l’assoluzione, accolta con proteste e arresti in una Islamabad incendiata dai fondamentalisti. Ma in Pakistan sono molti gli assolti da blasfemia che finiscono uccisi dagli integralisti. E nel diritto islamico la stessa apostasia (l’abbandono dell’islam) di fatto si configura come un illecito punito con la morte. Oltre al caso notissimo dello scrittore anglo-indiano Salman Rushdie, autore dei dissacranti Versetti satanici e condannato a morte dall’ayatollah Khomeini ormai 20 anni fa, proprio in Egitto un altro intellettuale, Nasr Hamid, fu processato per la sua interpretazione «democratica» del Corano, condannato per apostasia e costretto anch’esso a fuggire in Europa.
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