“Così M5S stralciò le norme in difesa dei poliziotti aggrediti in carcere”
L’aggressione si consuma nel carcere di Ravenna: tre agenti della polizia vengono presi a calci e pugni da un detenuto.
È solo l’ultimo atto di una lunga serie di episodi. A dicembre, per dire, il bollettino nell’istituto penitenziario di Avellino contava quattro feriti, di cui uno con la testa spaccata da una macchinetta del caffè scagliata da un carcerato. Lo stesso è successo negli ultimi mesi a Forlì, Melfi, Castrovillari e via dicendo. “Il Guardasigilli non è pervenuto – attacca Salvini – mentre il Pd di Bonaccini ci regala i porti aperti, la cancellazione dei Decreti Sicurezza e vorrebbe schedare le Forze dell’Ordine: noi stiamo dalla parte delle donne e degli uomini in divisa e dei cittadini perbene”.
Migliorare la vita degli operatori delle carceri non è cosa semplice. Ma la politica ha le sue colpe, chiamata a trovare dei correttivi senza mai riuscirci davvero. L’occasione si era presentata durante il (breve) regno del precedente governo gialloverde. I due Dl Sicurezza avevano acceso la speranza dei sindacati di categoria, speranzosi di trovare tra le norme misure che ne tutelassero il lavoro dietro le sbarre. Alla fine però non se ne fece nulla.
Il motivo del fallimento va cercato nel precario equilibrio su cui si sosteneva un già traballante patto Salvini-Di Maio. Dopo aver emanato il primo decreto, infatti, il governo presentò alcuni emendamenti sia in Commissione referente che in Aula nella speranza di aggiungere misure al testo di base approvato in Consiglio dei Ministri. Ne nacque una baruffa non da poco. Salvini accusò Roberto Fico di aver “bloccato otto emendamenti della Lega” (co-firmati dal M5S) sui “pasti per i poliziotti, gli straordinari dei vigili del fuoco, le assunzioni nella Polizia Locale e la destinazione di immobili pubblici ai presidi di Polizia”. Il presidente della Camera replicò stizzito, facendo notare al leghista che gli emendamenti erano stati “dichiarati inammissibili” dai presidenti di Commissione e che avrebbe potuto inserirli direttamente nel decreto. In realtà, il Dl era stato asciugato per esigenze di contenimento del testo e non è nuova la pratica di affidarsi a successive modifiche in Aula. Comunque, alla fine, buona parte delle richieste leghiste trovarono spazio. Ma non tutte. E tra gli emendamenti finiti nel cestino spuntano – guarda caso – quelli che interessano la polizia penitenziaria vittima delle continue aggressioni.
Uno in particolare avrebbe forse aiutato la deterrenza o assicurato giustizia agli agenti delle carceri in caso di lesioni e omicidi. La legge, infatti, prevede l’aggravante dell’ergastolo nel caso in cui il delitto venga commesso “contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio”. Il governo presentò un emendamento per includere anche il “personale in servizio presso strutture penitenziarie”. Ma la modifica venne dichiarata inammissibile dal grillino Giuseppe Brescia, presidente della I Commissione, perché estraneo alla materia.
Lo “sgambetto” grillino alle misure pensate dal Carroccio brucia ancora come sale sulla ferita dei dissidi tra Lega e M5S. Non a caso Salvini a settembre ha nuovamente accusato Fico di aver “stralciato” alcuni “pacchetti a tutela dei lavoratori delle carceri”. Si tratta di norme sull’introduzione e la detenzione di telefoni cellulari in carcere, sul traffico di stupefacenti in carcere e sulla concessione dei permessi premio. “L’intero pacchetto aveva ricevuto il via libera dal Legislativo del Ministero della Giustizia ed era stato condiviso dal Dipartimento della Polizia Penitenziaria – sussurrano fonti della Lega – Ma tutti gli emendamenti sono stati poi esclusi da Fico e Brescia”.
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