L’odiatore Di Maio
La speranza di un cambio di clima nel Paese è durata lo spazio di poche ore, quelle che sono intercorse tra il discorso della sera di Capodanno del presidente Mattarella e il primo videopost dell’anno di Di Maio.
Il capo dello Stato ha fatto appello alla concordia e a liberare le energie per valorizzare la parte propulsiva della nazione, Di Maio ha promesso più manette per tutti, processi infiniti per chi incappa nella rete della giustizia, vendetta per gli imprenditori che sbagliano.
Un discorso, il suo, carico di odio e rancore, velenoso contro i Benetton – una famiglia di grandi imprenditori incappata nel brutto incidente del Morandi per il quale ovviamente dovranno pagare, dopo regolare processo – a cui ha giurato «di azzerare i profitti», manco parlasse di una famiglia a capo della mafia.
Di Maio ha dissipato per incapacità e inconsistenza in pochi mesi l’enorme patrimonio che le urne del 2018 gli avevano affidato. Come tutte le bestie ferite si sente in trappola e si aggira nella foresta della politica con la bava alla bocca, pronto ad azzannare chiunque. Si dice che Salvini sia un pericolo perché incita all’odio contro gli stranieri. A mio avviso non è così, ma che dire di chi l’odio quotidiano lo riversa sugli italiani che lavorano o fanno impresa? Su questo tipo di odio le sardine non hanno nulla da eccepire?
Mattarella l’altra sera ha parlato, credo a ragione, del rispetto che gli italiani hanno nel mondo. Di Maio fa di tutto per distruggerlo questo rispetto. Secondo lui i nostri imprenditori sono una massa di evasori e mascalzoni (forse parla per esperienze personali) da mettere alla gogna e punire con tutti i mezzi possibili, affidando il Paese a una magistratura che non si è certo dimostrata esente dei mali che vuole estirpare.
E allora torniamo a Mattarella e al suo augurio inascoltato. La concordia non deve essere ricercata solo tra le forze politiche, ma tra la politica tutta e i cittadini. A me che Zingaretti e Di Maio vadano d’amore e d’accordo importa un bel nulla, soprattutto se questo avviene sulla pelle degli italiani, vessati da tasse esose, giustizialismo dilagante e utopie suicide. Perché peggio di essere incavolati c’è soltanto l’essere rassegnati.