Caso Gregoretti, Bongiorno: “Conte e Di Maio sapevano. Abbiamo le prove”
“Non vedo l’ora di andar in tribunale, per rispondere del reato di difesa dei confini del mio Paese”. Intervistato dal Gr1, Matteo Salvini rilancia la sua sfida politica sul caso Gregoretti. La vicenda arriverà a uno snodo il 20 gennaio, quando la giunta del Senato si riunirà per decidere se autorizzare il procedimento contro il capo della Lega, indagato per sequestro di persona e abuso di poteri. La partita si gioca tutta sul fatto che l’allora ministro dell’Interno avesse condiviso o meno con il governo la scelta di bloccare lo sbarco dei migranti. Ed è una partita tanto “tecnica”, quanto politica. Giuseppe Conte e Luigi Di Maio negano la circostanza, ma – anticipa in una intervista di oggi Giulia Bongiorno – bluffano e il loro gioco sarà scoperto.
Bongiorno: “Scelta condivisa, ci sono i documenti”
L’ex ministro della Pubblica amministrazione, nonché difensore di Salvini nel caso, spiega infatti a La Verità che “la decisione è stata presa nell’interesse pubblico ed era stata condivisa“. Non importa che poi non sia approdata anche in Consiglio dei ministri, come sottolineano di continuo Conte e Di Maio, perché “non serve un atto formale”. “Ciò che conta – chiarisce la senatrice leghista – è la condivisione effettiva di quella scelta e la compartecipazione attiva per trovare una soluzione al problema della redistribuzione dei migranti”. “Ci sono documenti – aggiunge Bongiorno – che ricostruiscono quei giorni e le varie comunicazioni che intercorsero”.
“Il caso Gregoretti è gemello della vicenda Diciotti”
L’avvocato Bongiorno non anticipa di cosa si tratti, per rispetto – sottolinea – al lavoro della giunta alla quale per prima saranno presentati. Una cosa però la dice: quelle carte “attestano” che il caso Gregoretti è “gemello” del caso Diciotti. “E Conte, da giurista, sa bene che in entrambi i casi si perseguiva l’interesse pubblico”. Di Maio, dunque, “sbaglia” quando dice che le vicende sono diverse. “È evidente – commenta Bongiorno – che si cercano appigli per giustificare il repentino cambiamento di posizione. Dunque, la questione è tutta politica e Bongiorno si dice fiduciosa che “tra le chiacchiere e i documenti prevarranno i documenti”.
Salvini vince comunque
“Se le decisioni in Senato verranno prese sulla base degli atti e della logica – spiega ancora – sarà riconosciuto il preminente interesse pubblico. Se invece saranno decisioni a prescindere dal merito e solo di natura politica, miranti ad abbattere Salvini per via giudiziaria, allora non saprei. Ma – conclude Bongiorno – non credo che gli elettori premierebbero questa strategia“. Una realtà che Salvini sembra aver compreso molto bene, a differenza dei suoi ex alleati.