Vaticano, un altro scandalo: “Solo 10% delle offerte ai poveri”
Ancora voci di scandalo in Vaticano. Questa volta, ad essere chiamate in causa, sono le modalità tramite cui viene gestito l’Obolo di San Pietro.
Si tratta delle donazioni che i fedeli inviano al Santo Padre. Vale la pena sottolineare sin da subito come il pontefice possa non influire sulle scelte operate attraverso quel fondo. Può dipendere da altri, insomma. Ma il presunto scandalo del palazzo di Londra ha sollevato un polverone: è giusto che una parte delle offerte venga declinata in acquisizioni immobiliari? Perché è di questo che si sta ragionando. Ed è su questo che la Santa Sede, con Jorge Mario Bergoglio in primis, intende fare chiarezza. In specie in relazione agli eventuali casi di corruzione, su cui si sta indagando.
L’Obolo di San Pietro, stando a quanto si trova scritto sul sito ufficiale, “è un gesto di fraternità con il quale ogni fedele può partecipare all’azione del Papa a sostegno dei più bisognosi e delle comunità ecclesiali in difficoltà, che si rivolgono alla Sede Apostolica”. Attenzione: non è affatto detto che i poveri siano gli unici a poterne usufruire. Per consuetudine, al massimo, è previsto che gli ultimi – quelli che abitano le “periferie economiche ed esistenziali” – siano destinatari privilegati. Ma è la distribuzione tra “opere di carità” e tutto il resto a far discutere in queste ore.
Le ultime pubblicazioni, poi, su tutte quella di Gianlugi Nuzzi, ossia “Giudizio Universale”, hanno svelato come la situazione delle casse del Vaticano non sia proprio rosea. Si è iniziato a parlare di “deficit”. Questi due elementi, quello riguardante l’Obolo di San Pietro e questo sullo stato delle finanze, sono necessari per comprendere quanto emerso da un’inchiesta del Wall Street Journal. Il quotidiano statunitense ha avuto modo d’interloquire con chi ne sa di più. La tesi è questa: soltanto il 10% dell’Obolo di San Pietro, stando a quanto raccontato da fonti che hanno preferito rimanere anonime, avrebbe come fine le cosiddette “opere di carità”. Vorrebbe dire, in parole povere, che il restante 90% viene utilizzato per altri scopi. E tra questi, sempre secondo la versione riportata dalla fonte sopracitata, ci sarebbe pure il risanamento del deficit. La Santa Sede, quindi, coprirebbe l’ammanco mediante le offerte dei fedeli. Non è detto che sia un illecito, anzi, ma quanto scritto sul WSJ sta balzando agli onori delle cronache internazionali. Tutto ruota attorno all’opportunità che questo possa essere approvato moralmente o meno.
Papa Francesco sta combattendo una battaglia per la trasparenza in Vaticano. Vedremo se questa indagine giornalistica del Wall Street Journal coadiuverà l’azione del Santo Padre.