Il trucco della Germania: ecco perché è immune gli effetti del Mes
La mannaia del Mes cadrà sulla testa di tutti i membri dell’Eurozona tranne uno: la Germania. Come se non bastasse l’evidente asimmetria alla base del trattato, c’è un altro aspetto da considerare per sottolineare l’inutilità del Fondo salva-Stati, ed è quello riguardante il suo essere un ibrido. In poche parole, è difficile descrivere il Meccanismo europeo di stabilità per il semplice motivo che un’operazione del genere implica una sua analisi poliedrica. Come ha spiegato al quotidiano Italia Oggi Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano, “ci vuole qualcuno che lo guardi dal punto di vista del diritto commerciale, perché il Mes è una banca. Ci vuole qualcuno che lo guardi dal punto di vista del diritto costituzionale, perché il Mes è una banca che ha le prerogative di uno Stato sovrano. E ci vuole qualcuno che lo guardi dal punto di vista dell’economia dei mercati finanziari, perché nel Mes si concepiscono come un’istituzione finanziaria, e non capiscono perché un’ istituzione finanziaria debba essere oggetto di tante critiche”.
Una toppa a un errore di sistema
Dunque, prima di parlare del Mes è necessario focalizzare l’attenzione sui “buchi del sistema” provocati dall’entrata in campo di una banca centrale, cioè la Bce, incapace di fare “la banca delle banche”. Il primo buco nero riguarda il fondo interbancario di assicurazione dei correntisti, mai voluto dai tedeschi sempre avuto dall’Italia. A seguire troviamo il cosiddetto programma Outright monetary transactions (Omt), il quale afferma che la Bce deve immettere denaro illimitato nei momenti di crisi. Arriviamo poi al Mes, che in pratica non è altro che un fondo dotato di una potenza di fuoco limitata pari a 700 miliardi di euro. Una cifra irrisoria considerando, ad esempio, la situazione della Deutsche Bank, che solo sui derivati ha un’esposizione che supera di 20 volte il Pil tedesco. “Il Mes – prosegue Mangia – è una toppa di garza ad un buco di progettazione del sistema“.
Il “trucchetto” di Berlino
C’è poi un’altra contraddizione di fondo e riguarda da vicino l’atteggiamento tenuto da Giuseppe Conte, il quale avrebbe avallato la riforma del Mes senza prima avvisare il Parlamento. Mentre in Italia la legge Moavero sugli obblighi di coordinamento tra Parlamento e ministri che vanno in Europa “è una foglia di fico”, la Germania può contare su “una riserva costituzionale che in Germania è in vigore dal 2012 che pone un enorme problema di reciprocità tra Germania e altri Stati contraenti”. Detto altrimenti, il ministro italiano sarà pure tenuto a riferire in Parlamento ma l’articolo 34 del Mes “dice che i ministri che lavorano dentro il Mes sono tenuti al segreto professionale, come un qualunque dirigente di banca”. Dal momento che le banche vivono di riservatezza e che le costituzioni nazionali sono diverse tra loro, il rischio di provocare un cortocircuito è dietro l’angolo. In base a questo possiamo affermare che la Germania “è un membro del Mes a statuto speciale” perché – spiega ancora Mangia – “nel 2012 La Corte costituzionale tedesca ha bloccato ratifica e promulgazione del trattato” a patto “che l’ obbligo al segreto professionale non valesse di fronte al Bundestag” e a patto “che il contribuente tedesco avesse comunque il controllo, attraverso il Parlamento, dell’ operato del Mes e delle contribuzioni della Repubblica Federale a questa banca sovrana”. La Germania ha insomma anestetizzato con largo anticipo gran parte del contenuto del Mes. Cosa significa questo? Che certe parti del trattato esistono in Italia, in Francia o in Portogallo ma non in Germania.