Così Conte ci impone il Mes: “La Ue è una grande famiglia”
I rischi, le trappole, il salasso. Rimane tutto nel nuovo accordo di riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), raggiunto nella notte dalla maggioranza.
Alla fine anche il Movimento 5 Stelle, nonostante le riottosità dei ribelli, si inchina alla linea europeista del premier Giuseppe Conte. Che, dopo aver incassato il via libera sul Fondo salva-Stati, si fionda in parlamento per dipingere l’Unione europea come “una grande famiglia” e invitare gli alleati di maggioranza, che non più tardi di ieri erano pronti a far saltare il banco, a “non dividersi”. L’appello, lanciato in vista del Consiglio europeo che inizierà domani, nasconde quella che è la realtà dei fatti: l’accordo, al di là della “logica del pacchetto” che chiede di far procedere di pari passo la riforma del Mes con l’unione bancaria e la Bicc, non rivede le ingenti rate da versare né tutela l’Italia da clausole pesantissime che, se attivate, potrebbero finire per metterci in ginocchio.
I toni sbandierati dai Cinque Stelle sono trionfalistici. “Siamo soddisfatti per la risoluzione di maggioranza che prevede le modifiche richieste”, fanno sapere fonti pentastellate ai microfoni dell’agenzia Adnkronos arrivando addirittura a lodare l’alleato piddì (“serio e responsabile”). “Ci sarà il pieno coinvolgimento del Parlamento prima dei prossimi passi sul Mes – dicono – ogni decisione verrà presa ascoltando le Camere, non firmeremo nulla al buio”. La stessa linea viene tenuta da Conte davanti alle Camere. Un tentativo (vano) di “vendere” un trattato che non trova consensi né in parlamento né nel resto del Paese. Anche perché, col senno di poi, il tira e molla degli ultimi giorni suona come una pantomima orchestrata ad arte per far digerire una riforma estremamente pericolosa per il Paese. “I Cinque Stelle – fa notare la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni – hanno fatto finta di ottenere qualcosa prima di cedere anche su questo…”. Non è infatti un mistero che, come ha ricordato Gianluigi Paragone, il movimento è sempre stato contro il Mes. “Ci vogliono convincere che alla fine ne approveremo solo un po’ – scrive su Facebook il senatore grillino – sono ridicoli”.
Le parole pronunciate da Conte in parlamento sono state studiate attentamente per infondere tranquillità. “L’Italia non ha nulla da temere”, assicura. “Il debito – continua – è pienamente sostenibile”. E garantisce: “Lo dimostrano le valutazioni delle principali istituzioni internazionali, inclusa la Commissione europea e i mercati”. Peccato che già in molti, a partire dall’Abi, hanno espresso le proprie preoccupazioni per un meccanismo che ci impone di sborsare, attraverso emissioni speciali di titoli di Stato, altri 125 miliardi e 395 milioni di euro nel caso in cui sull’Unione europea si abbatta una nuova crisi economica. Per far digerire questa mazzata Conte si aggrappa alla logica di pacchetto assicurando “l’equilibrio complessivo dei diversi elementi al centro del processo di riforma dell’Unione economica e monetaria e valutando con la massima attenzione i punti critici”. In realtà, come fa notare anche la Meloni, questa strategia rischia di rivelarsi persino più rischiosa. Perché per quanto la vigilanza unica e la garanzia comune sui depositi, che costuiscono l’unione bancaria, possano anche essere convenienti, ad oggi è stata resa pubblica solo la riforma del testo del Fondo salva-Stati. “Non sappiamo ancora cosa c’è dentro al testo sulla garanzia dei depositi”, avverte la leader di Fratelli d’Italia.
L’intervento di Conte si è presto trasformato in una invettiva contro il centrodestra contrario all’accordo. “Chi vuole uscire dall’euro lo dica chiaramente”, accusa buttando lo scontro su un altro piano. “Proteggersi non significa rinchiudersi in quanto, su scala globale, il multilateralismo è lo strumento migliore per tutelare gli interessi degli Stati membri, a partire dal nostro”, continua promettendo strenua opposizione a “tagli spropositati che colpiscano i settori strategici” del Paese. Una rassicurazione che non convince né i parlamentari della Lega né quelli di Fratelli d’Italia. Dai banchi di Montecitorio volano accuse pensantissime all’indirizzo del premier e del governo giallorosso. C’è chi urla “venduti” e chi “traditori”. Le clausole che Conte sottoscriverà a Bruxelles non potranno, infatti, più essere emendate. “Il trattato è per sempre”, avverte Claudio Borghi invitando gli altri deputati a non sottoscrivere l’evoluzione del Mes decisa dall’avvocato del popolo con Angela Merkel e Emmanul Macron “davanti a un bel giro di birre”.
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