Solo un pretesto per riscrivere la Storia d’Italia
Nostalgici della falce e martello, giubilate. Pare tornato il vostro momento, e tutto grazie al governo giallo-rosso. Ci sono diversi modi infatti per spendere quasi mezzo milione di euro: anche solo in iniziative storiche, si potrebbero studiare personaggi che molto hanno restituito alla patria, per i quali invece lo Stato non versa neanche il becco di un quattrino.
Il modo più discutibile di usarli è quello invece degli eredi del Partito comunista seduti in Parlamento, che non hanno trovato niente di meglio che destinarli per festeggiare i cento anni della nascita del Partito comunista italiano, fondato a Livorno nel gennaio 1921. Così recita un emendamento alla legge di Bilancio, firmato da esponenti del Pd e di Leu, tra cui l’ex presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani. Noi che, da storici, sappiamo quanto sia difficile ormai ottenere finanziamenti per qualsiasi ricerca, troviamo la cifra decisamente astronomica. Che ci sia l’intenzione, non di organizzare una serie di convegni, dal costo in fondo contenuto, ma manifestazioni di più ingente spessore, mostre e film per intenderci? Insomma, temiamo che, più che studiare, qui si intenda celebrare. Anche perché non è chiaro a quali enti saranno distribuiti questi denari: potranno fare richiesta, ad esempio, fondazioni del mondo di destra, conservatore e moderato, per organizzare iniziative a modo loro? Oppure saranno gestiti con i criteri che hanno sempre contraddistinto la sinistra al governo, cioè quasi tutto ai compagni e agli amici dei compagni, e briciole agli altri? Ebbene, se l’intento non è quello di studiare ma quello di celebrare, diciamo subito che non v’è nulla da celebrare. Il Partito comunista, nato nel 1921, niente di buono portò al Paese: era un partito estremista, dai tratti ovviamente violenti, che perseguiva la dittatura rossa e che, indirettamente, contribuì a indebolire la già fragilissima democrazia italiana e a portare il Paese verso il fascismo – come riconobbero, in senso autocritico, diversi storici del comunismo. Al solito, poi, valgono i due pesi e le due misure. Immaginiamo se, in un governo di centrodestra, Fratelli d’Italia avesse proposto la medesima cifra per rievocare i cento anni della nascita del Partito nazionale fascista, che appunto fu anch’esso fondato nel 1921, dalla trasformazione del movimento dei Fasci italiani di combattimento. Avremmo assistito alle solite giaculatorie sull’onda nera, ai pensosi editoriali dei soloni progressisti («ahi ahi signora Giorgia Meloni, Lei ancora non è matura per la democrazia!») fino all’immancabile e immarcescibile raccolta di firme di storici e intellettuali, con l’inevitabile corredo di nani e ballerine. Eppure, studiare per studiare sine ira et studio, è indubbio che il Pnf abbia svolto nella storia d’Italia un ruolo ben più incisivo che il Pci. E anche oltre: oggi si parla di nazionalizzare l’Ilva, ma a creare il primo acciaio di Stato fu proprio Mussolini. Se volessimo parafrasare Blaise Pascal, per la sinistra italiana c’è una verità a Strasburgo e una a Roma. Nel Parlamento europeo, Pd e (in parte) Leu hanno giustamente votato per equiparare nazismo e comunismo. A Roma, festeggiano la falce e il martello. E oggi si dicono anti russi, anzi sono convinti di avere perso le elezioni per colpa di Putin e dei suoi hacker: ma il Pci che intendono festeggiare fu voluto da Mosca e da questa finanziato, fino alla sua scomparsa. Per rievocarlo, però, non attingono più ai rubli, ma alle nostre tasche.
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