Bufera sullo chef stellato in posa da cinese: “Quella foto è razzista”
Il razzismo è quella cosa stupida che rende stupido anche chi lo combatte. Un po’ come quando litighi con idiota: il rischio è, come faceva notare Oscar Wilde, che da fuori non si noti la differenza.
Così, a forza di vedere razzismo ovunque, finisce per non essere da nessuna parte. Qualche giorno fa un episodio è stato offerto da un futile titolo di un quotidiano sportivo a proposito della sfida tra colossi di colore in Inter-Roma: «Black Friday», che non avrebbe meritato se non la sublime indifferenza e che è diventato la palestra per le esercitazioni degli odiatori in servizio permanente effettivo. E ieri anche il mondo dell’enogastronomia ha conosciuto il suo scandaletto a causa di un ingrediente andato di traverso a chi lo ha usato: la mandorla.
Il protagonista è Gianluca Gorini, chef emergente del ristorante daGorini di San Piero in Bagno (Forlì-Cesena), che qualche settimana fa ha ricevuto la sua prima stella Michelin. Ma che da qualche giorno è costretto a riflettere su come la fama possa avere un prezzo alto da pagare. Qualche giorno fa il giovane Gorini ha partecipato all’evento gastronomico Gelinaz, pomposamente definito «un progetto mutante e dall’attitudine punk», una «sfilata d’haute couture del cibo, una sorta di Burning Man gastronomico, un po’ riunione tribale e un po’ cooking show virtuale». Qualsiasi cosa significhi. Comunque, centinaia di chef in tutto il mondo si sfidino a cucinare il menu ideato da un altro. Gorini, nel suo ristorante romagnolo, si è trovato a cimentarsi con le ricette suggerite da Victor Liong, giovane chef cinese del ristorante Lee Ho Fook di Melbourne, in Australia. E chissà a chi, se a Gorini stesso o a qualcuno della sua brigata, è sembrata una buona idea proporre una fotografia in cui tutti posassero davanti alla cucina in giacca bianca, in testa un cappellino a forma di cono alla orientale, probabilmente arrangiato alla bell’e meglio, e le dita di alcuni a tirare gli occhi per farli diventare a mandorla. Una goliardata da fine servizio, come se ne fanno in tutte le cucine, ambienti in cui notoriamente si esibisce una maturità a metà strada tra la caserma dell’era della leva obbligatoria e lo spogliatoio del calcetto a fine partita. Ma la foto è stata postata sui social e ha attirato a Gorini e alla sua band le accuse di razzismo. Addirittura.
La cosa sorprendente è che l’attacco più virulento è arrivato dall’estero, soprattutto a causa dell’intervento a gamba tesa di Jane Agg, una ristoratrice e scrittrice di Toronto, in Canada, che in qualche strano modo ha potuto guardare la foto ed è inorridita: «Il supercelebrato ristorante italiano daGorini – ha scritto su twitter – ha dato un evento per @thegelinaz. Questa è la foto che lo chef Gianluca Gorini ha postato. Ha ricevuto molti più like che commenti. Sconcertante e disgustoso ma purtroppo non sorprendente. Davvero fottuto». Parole che hanno spinto Gorini a rimuovere la foto e scatenato un’ondata di sdegno più o meno ovunque, tranne che in Italia. Dove si è mossa soprattutto la macchina dei difensori di Gorini, suoi colleghi e suoi fan, pronti a mettere la mano sul fuoco sulla sua integrità morale. Al massimo qualcuno, come l’amico chef Alberto Faccani, del Magnolia di Cesenatico (due stelle) è disposto a concedere che la vicenda «ci ricorda che dobbiamo usare i social con la massima prudenza, perché un banale scivolone può alimentare una gogna pubblica sproporzionata». E su facebook spopola l’hashtag #iostocongorini. E anche noi stiamo con lui, a patto che poi si solidarizzi con chiunque finisca triturato da una gogna insensata, non solo con lo chef giovane, figo e benvoluto.
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