Mes, Tria: “Conte si congratulò. I suoi vice dovevano sapere”
L’ex ministro dell’Economia del governo Conte I, Giovanni Tria, attacca Matteo Salvini e Giorgia Meloni che in queste ore stanno attaccando il premier colpevole di aver tradito gli “interessi nazionali” e addirittura, come ha dichiarato il leader leghista, di “alto tradimento”.
Tria, infatti, dichiara a La Repubblica di ricordare quanto avvenuto lo scorso giugno quando si definì l’accordo su una bozza di riforma del Mes da sottoporre al summit dei giorni successivi. “Si trattava di tradurre in un testo definito l’accordo che era stato raggiunto nel dicembre precedente. Le trattative andarono avanti fino all’alba a Bruxelles perché il mandato era quello di non cedere su una questione non secondaria”.
Secondo l’ex ministro, “alcuni Stati volevano che si prevedesse che le metodologie specifiche per valutare la sostenibilità dei debiti sovrani fossero rese pubbliche. Per noi era inaccettabile perché significherebbe aprire una corsa a valutazioni prospettiche anche fantasiose su un tema per noi di stretta competenza della Commissione che è un organo politico. Ci opponemmo e la spuntammo”. Nelle prime ore del mattino “mi arrivò la telefonata di Conte che si complimentò per il risultato raggiunto”.
Tria, con una non troppo velata nota polemica, afferma di immaginare che i due vicepresidenti del Consiglio di allora fossero stati informati di quanto accaduto. L’ex ministro sostiene che sia in Italia che negli altri Paesi si dovrebbe capire che l’interesse nazionale si difende mostrando che esso coincide con gli interessi dell’Europa e delle altre nazioni.
Questo perché qualsiasi problema in uno Stato provocherebbe effetti devastanti, che ricadrebbero in ogni caso anche sugli altri paesi per le interdipendenze delle economie. È sbagliato anche dire che il Mes sia un danno per l’Italia perché la riforma del trattato“non ci danneggia. Ed è meglio che ci sia il Mes piuttosto che non ci sia, anche se noi non abbiamo bisogno di essere salvati”.
Il tema di rafforzare il “fondo salva-stati” nacque “con l’idea di introdurre anche il cosiddetto backstop, cioè un paracadute per rafforzare la capacità di intervento sulle crisi bancarie con risorse aggiuntive da utilizzare quando quelle del Single resolution fund fossero terminate”. Per Tria, si trattava di una esigenza sostenuta da tutti. Alcuni Paesi del Nord però posero “delle contropartite in termini di revisione del trattato istitutivo del Mes per noi inaccettabili”.
Due in particolare. La prima, ha riferito l’ex ministro, era il conferimento al Mes di più poteri in caso di crisi rispetto a quelli della Commissione. La seconda era la previsione di regole di ristrutturazione dei debiti sovrani in caso di richiesta da parte degli Stati di un intervento di sostegno. “Ciò era inaccettabile perché si sarebbe rischiato di rendere plausibile l’idea che la ristrutturazione di un debito sovrano potesse avvenire. Ci opponemmo ad entrambe queste richieste e la spuntammo”.
Tria ricorda anche che il negoziato si sviluppò nell’autunno del 2018 quando “la nostra legge di Bilancio ebbe grossi problemi con l’Europa e la nostra posizione negoziale era assai debole per i riflessi sui mercati finanziari”. Nel giugno scorso, il quadro cambiò e le trattative andarono meglio. In quella fase “eravamo più forti, stavamo varando un aggiustamento di bilancio strutturale e in Europa eravamo più credibili e riuscimmo ad evitare formulazioni inappropriate e pericolose”. Il premier Conte era a conoscenza di tutto perché veniva informato ad ogni passo compiuto. L’accordo, ritiene Tria, fu soddisfacente. “Poteva essere migliore ma qualsiasi istituzione è frutto di un negoziato tra molti governi”.
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