Per il sisma Aula deserta: il M5s ha perso l’anima
Avrebbero dovuto discutere di terremoto e invece hanno evacuato il Parlamento. Non c’erano. A parlare di ricostruzione sono rimasti in aula solo in sei, non un ministro, ma solo un vice.
In pratica, l’ombra di un’ombra. Le prove generali si sono svolte due giorni fa, alle 10.30, presso Montecitorio e nell’operazione si sono distinti per compattezza (nella diserzione) i parlamentari del M5s di cui vale riprendere la frase di combattimento: «Non siamo di destra o di sinistra. Siamo per i cittadini». Nelle categorie devono essere stati esclusi ultimamente i terremotati. Impegnati a puntellare quello che resta del loro movimento, hanno preferito assentarsi anziché sedersi a esaminare il «decreto sisma», decreto presentato come il più straordinario piano di ricostruzione concepito e annunciato da Luigi Di Maio come unica soluzione, perché, diceva, «in situazioni straordinarie non bastano leggi ordinarie». Su 216 deputati eletti dal M5s, solo una, Patrizia Terzoni, si è presentata al posto dell’intero gruppo che, è doveroso ricordare, è maggioranza relativa. Come ha sempre rivendicato Di Maio – ogni qual volta si è trovato a negoziare poltrone e fare pesare i numeri – «quando si parla del M5s, non si può dimenticare che parliamo del primo partito in Parlamento». Ha ragione.
Parliamo quindi anche del gruppo con gli assenti più numerosi. All’ordine del giorno, e con tanto di avviso «disposizioni urgenti», c’era quel decreto che, a ridosso delle elezioni in Umbria, era stato presentato dal governo con grancassa malgrado promettesse denaro che a prima vista era apparso quello che era: un semplice gioco contabile per lanciare la campagna elettorale. Dei 725 milioni strillati, con la speranza di convincere il Centro Italia indeciso e ancora sotto emergenza, ne erano già rimasti solo 345 per il 2020 e stanziati – appunto – per mezzo di decreto che, causa assenze, si è dovuto alla fine rimandare. E infatti l’intenzione, che lunedì aveva spinto a convocare la seduta, era quella di «accelerare il completamento della ricostruzione in corso nei territori colpiti da eventi sismici». Ma sono bastati pochi minuti per accorgersi che il tema non era urgente e sono servite addirittura ore per riuscire a raccogliere venti deputati disposti ad accomodarsi ai loro posti. Ed è chiaro che non doveva essere urgente neppure per il governo, dato che a rappresentarlo si è palesato un solo esponente, quel Vito Crimi, oggi viceministro degli Interni. Non proprio una prima fila. In aula si sono così trovati per il Pd, Filippo Sensi, Emanuele Fiano, Mario Morgoni, Stefania Pezzopane, Silvia Fregolent, Paola Trancassini di Fdi, Simone Baldelli di Fi e la sola Terzoni del M5s.
A rendere eclatante questa operazione di assenteismo di massa ha contribuito una fotografia dell’aula, deserta, diventata immediatamente virale. È stata scattata, e diffusa, da Sensi e non ha solo scatenato l’indignazione social, ma anche quella del deputato Baldelli (altro presente) che ha invitato a dire basta con «queste cialtronate» e ricordato che Forza Italia aveva in precedenza chiesto di «inserire il terremoto tra le priorità dell’agenda dell’attuale governo. E invece, ancora oggi mancano investimenti e visione. I fatti dimostrano che la propaganda non serve e che le bacchette magiche non esistono». Su quest’onda, il capogruppo di Fdi, Francesco Lollobrigida, ha dichiarato «grave non discutere dei problemi reali degli italiani come quelli attinenti alla ricostruzione post eventi sismici. Reiteriamo la nostra richiesta al governo di una informativa urgente. Non c’è più tempo da perdere». E c’è un post da andare a rivedere. È a firma di Di Maio, uno che nel 2017, accusava il governo Gentiloni di inadeguatezza, menzogna, di avere abbandonato il Centro Italia. Scriveva: «Chi non sta facendo la sua parte, si faccia da parte. Prima possibile». Non poteva saperlo. Aveva iniziato a descriversi.
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