Elettrizzati dall’elettrica? Attenti alle bugie sulle auto green

È strano come l’autostrada delle bugie non abbia limiti di velocità e offra sempre la possibilità, al demagogo di turno, di prendere il telepass per far giungere il suo messaggio non proprio ortodosso.

L’incipit è puramente voluto, dato che parliamo di auto, elettriche e no, di emissioni euro tot, di grandi promesse e di luoghi comuni. Ma, al bivio delle uscite, bisogna pur aver il coraggio di scegliere, tra verità e bufale, quale strada imboccare. Ecco, questo è il punto: la mobilità elettrica destinata o predestinata ad esser la mobilità del futuro. Premessa doverosa: fermate una persona a caso e chiedetele se sa che cosa inquina di più tra Co2 e NOx (sempre che sappia la differenza che intercorre tra i due presunti «assassini» della nostra aria). In questo senso una ricerca dell’Aci ci viene in aiuto mettendo alcuni punti fermi per partire con razionalità verso un futuro che tutti, a scanso di equivoci, vogliamo più «verde». Mettiamo insieme i due buoni propositi e il risultato è il termine «ecorazionalità» che poi sarebbe l’antico «est modus in rebus», emerso alla «Conferenza del Traffico e della Circolazione: Obbiettivo 2030», promosso dall’Aci, ieri a Roma. Bugia numero 1: emissioni di gas serra, polveri sottili e NOx sono tutta colpa delle auto con motore termico? Falso. Dati scientifici alla mano le auto, che ogni brand oggi si preoccupa di realizzare, inquinano solo per il 10-15% del totale. Mai sentito parlare di filtro antiparticolato e di diesel Euro 6 temp di ultima generazione? Bugia numero 2: riserviamo l’ingresso nei centri cittadini alle auto elettriche così le vendite di questi veicoli a emissioni zero aumenteranno e il parco circolante si rinnoverà in fretta. Sono state 6.453 le auto elettriche immatricolate in Italia nei primi 8 mesi del 2019 pari allo 0,5% del mercato. Motivo? Non ci sono le infrastrutture, ovvero le colonnine di ricarica, costano ancora troppo rispetto ad una city car «normale» e mettono agitazione nell’automobilista. Non proprio ansia da prestazione, ma da ricarica. Perché se già a Milano devi andare al Centro commerciale a fare la spesa per trovare la colonnina che ti fa fare il pieno e se quando la trovi, magari il posto è occupato da un’auto non elettrica che se ne frega del simbolino, o, se ti va bene, aspetti 45 minuti perché l’auto elettrica prima di te finisca di rifornirsi, beh allora qualche preoccupazione ti sorge. Bugia numero 3: Che ci vuole a togliersi l’ansia da ricarica? Mica il lexotan, basta il wallbox. Cioè la colonnina personale. Che volete che sia. Costa solo sui duemila euro, te la installano dopo adeguato sopralluogo nel tuo box, ti triplicano la potenza del contatore e il gioco è fatto. Già, ma mettiamo il caso che tutti i condomini installino il wallbox, che succede? Che il condominio rischia di spegnersi. E se una città intera si fa elettrizzare dall’auto elettrica? Che non solo si spegne. Evapora. Bugia numero 4: in Italia siamo a buon punto con la ricerca. Con la ricerca forse sì, ma non con la pratica dato che la dipendenza estera, tecnologica e produttiva, sui veicoli più innovativi diventerà assoluta alla faccia dei nostri 250 mila addetti al comparto automotive. Certamente il futuro vedrà sempre più auto ibride ed elettriche, ma le vetture a benzina e diesel con l’aiuto delle innovazioni tecnologiche saranno sempre meno inquinanti. Bugia numero 5: le auto elettriche non sono a zero emissioni. Bisogna considerare nel bilancio anche l’energia utilizzata per la produzione delle batterie: i relativi processi industriali emettono CO2 e polveri sottili fino al 60% in più rispetto alla realizzazione di un motore tradizionale. E lo smaltimento delle batterie esauste? Costo stimato 3000 euro per ciascuna e un complesso processo ancora da regolamentare. Senza considerare il cobalto, fondamentale componente delle batterie che certo non è vicks vaporub in Congo, dove vengono impiegati molti bambini per scavarlo dalla terra. Può bastare?

 Energia, sostenibilità e new mobility: pensare innovativo, fuori dal coro

il giornale.it

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