Fuoco grillino su Di Maio: “Smettila, stiamo fallendo”
Luigi di Maio resiste e scappa in Sicilia. Ma nel Movimento cinque stelle il processo è già concluso con una sentenza inappellabile: deve lasciare l’incarico di capo politico.
Il verdetto potrebbe arrivare nella giornata di martedì quando in Senato sarà in programma una riunione. Tra i temi all’ordine del giorno c’è la riforma del regolamento del gruppo, considerata da diversi eletti una sorta di «cavallo di Troia» per iniziare a limitare il potere che lo statuto M5S attribuisce al capo politico. Il fuoco contro il ministro degli Esteri ormai giunge da più parti. Ora anche il presidente della Camera, Roberto Fico, che fino ad oggi ha avuto una posizione neutrale rispetto agli scontri interni, chiede il passo indietro: «Serve mettere in discussione il capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio? La riflessione è sull’organizzazione del Movimento, sulla sua identità, sui progetti e sui programmi, è una riflessione vera a 360 gradi, su tutto». Dal canto proprio, Di Maio sembra ringalluzzito dall’esito del voto su Rousseau (il M5S presenterà liste in Emilia Romagna e Calabria). Il ministro degli Esteri diserta il vertice con Beppe Grillo, giunto a Roma nel pomeriggio di ieri per rimettere pace nel Movimento. E dal tour in Sicilia lancia attacchi contro chi (Grillo, Fico e Spadafora) vuole un’alleanza politica con il Pd: «Il messaggio è: no tatticismi, no manovre di palazzo. Noi siamo il Movimento cinque stelle, ci presentiamo alle elezioni regionali ed evidentemente andiamo da soli in quelle regioni. In chi in questo momento sta parlando di sostenere Bonaccini, sento discutere degli effetti sul governo, ma se siamo il M5s noi dobbiamo ricordare a tutti i cittadini che è diritto degli emiliano-romagnoli eleggere il presidente di Regione. Non è un voto di fiducia sul governo, non lo è mai stato e nessun partito e nessuna forza politica deve farsi prendere da questa teoria che è una teoria è sbagliata». Di Maio si tiene lontano dalla Capitale dove i veterani del Movimento preparano la congiura, e pianifica una doppia tappa, per lunedì, in Calabria ed Emilia Romagna. Chiude all’ipotesi di un’intesa con il Pd sul piano regionale: «Solo accordi con liste civiche». Intanto, arriva il via libera alla candidatura di Francesco Aiello per il Movimento in Calabria. Scelta che però apre un fronte di guerra con la parlamentare grillina Dalila Nesci. Mentre in Emilia la scelta sarà affidata al web.
Ma è a Roma che si gioca la partita per la leadership. Arriva Beppe Grillo per fare il punto. Il garante del M5S è determinato a far sentire la sua presenza, ma dribbla le domande dei cronisti: «Noi biodegradati? Siete comici», l’unica battuta. Mentre il premier Giuseppe Conte ammette il caos in casa grillina: «È in una fase di transizione. Dobbiamo dare un attimo di tempo». Il tempo però non gioca a favore di del titolare della Farnesina. Non c’è solo Fico a chiedere un cambio al vertice del Movimento. Ma è un coro quasi unanime tra i big pentastellati. «Luigi, ora basta. Arriva sempre il momento, per ognuno Di noi, di guardarsi allo specchio e ammettere che nonostante gli enormi sforzi fatti, il grande lavoro prodotto, stiamo fallendo. Gli uomini soli al comando, nei gruppi come il nostro, non funzionano» scrive su Facebook il senatore Emanuele Dessì. Anche dal presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, arriva l’invito a lasciare: «Il voto di ieri su Rousseau dimostra che l’uomo solo al comando scoppia, c’è la necessità di gestire il Movimento in maniera più collegiale e plurale». Mentre Roberta Lombardi, consigliere regionale del Lazio, chiede una nuova votazione per decidere se allearsi con il Pd nelle due regionali. Parole cadute nel vuoto. Di Maio ha già deciso: si va da soli.
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