“Mai più le multe per le Ong”. E sui migranti aria di sanatoria
Altro che accelerare l’iter legislativo per tirare la volata allo ius soli con la garanzia dello ius culturae o abrogare di netto la legge Bossi Fini sui permessi di soggiorno per motivi di lavoro.
La cruda e amara realtà che, da qui a breve, potrebbe essere svelata agli inconsapevoli italiani riguarda la macchinazione che il Partito democratico sta progettando per preparare la strada a una sanatoria senza precedenti: almeno per tutti gli immigrati che saranno in grado di dimostrare di avere una sorta di impiego retribuito o qualche sponsor che li garantisca. Un colpo di spugna e via: la maggior parte dei 600mila clandestini presenti nella Penisola potranno godere di un lasciapassare di stato e circolare tranquilli contando pure che lo stesso ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha annunciato che sarebbe pronto il testo di legge per modificare i decreti sicurezza. E in questo clima di lassismo gongolano pure le Ong, forti del diktat dell’Ocse che proprio qualche giorno fa ha invitato l’Italia a finanziarle. Dopo il salvataggio di migranti da parte di Ocean Viking in 4 chiedono il dissequestro delle navi e di poter tornare in mare.
Insomma tutto è pronto per recuperare i 14 mesi di vicepremierato di Matteo Salvini e riconquistare il consenso di onlus, enti benefici e coop che realizzano i progetti di integrazione e inclusione. L’iter si è messo in moto già in commissione Affari costituzionali per la trattazione delle proposte sui nuovi decreti flussi migratori fermi oramai al 2011 per scarsità di risorse economiche e lavorative. Da allora infatti i lavoratori stranieri approdati in Italia regolarmente l’hanno potuto fare solo grazie alle quote stagionali. Tuttavia però, la stragrande maggioranza di costoro sono rimasti nella zona dove già lavoravano: ne sono un esempio evidente il ghetto di Borgo Mezzanone in Puglia e la baraccopoli di San Ferdinando in Calabria smantellata a marzo scorso da Salvini e ora in via di ricostituzione a pochi chilometri. Con la riattivazione dei decreti flussi davvero potrebbero aver ragione quei lungimiranti visionari che paventano un’Italia con agglomerati di baraccopoli e campo profughi.
Eppure c’è già chi spinge affinché siano proprio i migranti economici a entrare per essere contrattualizzati nelle realtà produttive del Paese come la Fondazione Leone Moressa che ha proposto in commissione alla Camera di riaprire i cancelli dei flussi migratori come canali legali e ampliare i requisiti per le quote d’ingresso regolari commisurate alle quote di mercato. Con questo metodo certo non si potranno discriminare né tantomeno discriminare coloro che sono già qui clandestinamente, o in attesa di protezione, dai nuovi arrivati: regolarizzazione per tutti allora. Che siano permessi a punti, ovvero in base alla preparazione scolastica o permessi sponsorizzati non ha importanza, basta che si faccia presto. Già, serve un esercito di nuovi schiavi che possa soddisfare le esigenze della piazza: non bastano i 6 milioni di immigrati, oggi regolarizzati, tra i 350mila che lavorano e tutti gli altri che vivono sulle spalle del sistema Italia grazie ai ricongiungimenti familiari. Troppo sbilanciata la proporzione. E allora è necessario correre ai riparie imbarcarne di altri. Il Pd, come ha fatto intendere più di qualche esponente dem, già sa come e quando presentare il decreto sull’onda del metodo anglosassone. Peccato però che lo storico multiculturalismo del Regno Unito ha paletti ben definiti: sono celeri e serrati i controlli sul lavoro e sul dignitoso autosostentamento degli stranieri. Qualora entrambi questi requisiti vengano meno il titolo di soggiorno decade e l’immigrato viene rispedito a casa per direttissima.
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