Le Sardine “selvagge” sono il pesce pilota della sinistra in crisi

In molti nei giorni scorsi si sono esercitati a cercare i legami tra gli organizzatori delle Sardine in corteo nelle piazze emiliane e il Pd.

Ricerca che ha svelato più di qualche connessione. Ecco le più evidenti: il portavoce di fatto, Mattia Santori, ha collaborato con Energie, un magazine cofondato da Romano Prodi. Gli animatori della manifestazione a Modena, Jamal Hussein e Samar Zaoui, sarebbero stati legati all’Udu, sindacato studentesco di sinistra e anche i Giovani democratici si sarebbero dati da fare per riempire la piazza emiliana anti-Salvini. Il successo delle due iniziative nate su Facebook ha ringalluzzito l’opinionismo di sinistra e generato emuli in tutta Italia: Rimini, Torino, costiera Amalfitana. La pagina Facebook «6000 Sardine» creata dai quattro amici di Bologna, «ragazzi» per definizione (lo è sempre chi si muove per rinnovare un’area politica, anche se a 32 anni sei ragazzo solo in Italia), tenta con fatica di mantenere il primato sul marchio, raccomandando a tutti gli organizzatori, comprensibilmente, di coordinarsi con loro.

Ma la domanda se «dietro» il movimento ci siano Prodi o il governatore emiliano Stefano Bonaccini è chiaramente poco rilevante e oziosa. Proprio come lo stupore per aver mobilitato 12mila persone in pochi giorni con i social network. Che è il mezzo più capillare a disposizione ed è quello normalmente usato per qualunque raduno lampo stile «flash mob».

Ma, soprattutto, c’è da chiedersi cosa ci sia di nuovo in una piazza che prende le distanze dai partiti della sinistra con l’unico collante di attaccare il leader della destra. Dalla caduta del Muro in poi, cioè da quando il principale partito progressista ha perso l’originaria ispirazione ideologica, il fenomeno si è ripetuto sempre più spesso. Ogni volta salutato come una ventata di novità e freschezza capace di rigenerare quel campo politico. Il popolo dei fax, i girotondi, il popolo viola, il movimento arancione, sul web i #Facciamorete. Segni caratteristici: l’indignazione, l’insoddisfazione per l’elite di sinistra, quasi sempre l’antifascismo. E ogni volta qualcuno più o meno «giovane» o qualcuno della cosiddetta società civile dava voce a questi umori. Vedi Nanni Moretti a piazza Navona o Debora Serracchiani.

Il fatto è che la sinistra da sempre ingloba un pezzo di società civile: aziende, associazioni, intellettuali e gente di spettacolo, con cui stringe un legame organico che però la rende in sostanza parte di quell’elite. La sinistra non si allarga mai davvero a una società civile «altra», perché è elitaria per sua natura. Si riconosce e si specchia solo in canoni intellettuali ed estetici dati. Puoi venire al flash mob solo se citi a memoria Palombella Rossa. Chi non li sposa in tutto e per tutto è un estraneo da marchiare con il solito bollino: fascista. L’unica possibile «rivoluzione» è prendere il posto dei dirigenti più anziani, come Renzi. Solo uscendo da quel perimetro, come ha fatto il grillismo, si crea qualcosa di veramente nuovo (e nuovo non è per forza buono).

Le Sardine non nuotano in direzione diversa: anzi, paiono i soliti pesci pilota che nutrono il partito ma ne rosicchiano il corpaccione. E infatti ad affiancarle arriva la solita partita di giro: gli editoriali di Repubblica, la suora nominata da Chiamparino nel consiglio di Fondazione San Paolo, ora anche l’attore Sergio Rubini che si schiera con le Sardine a Un giorno da pecora. Saranno mica questi i voti strappati al centrodestra.

il giornale.it

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