Il giallo del crollo Retelit dopo il parere legale dell'”avvocato” Conte
S’infittisce sempre più il mistero sul parere pro veritate fornito dall’avvocato Giuseppe Conte (poco prima di diventare premier) su Retelit alla cordata che ha per capofila il finanziere Raffaele Mincione.
«Ho accettato l’incarico in un momento in cui io stesso non potevo immaginare che di lì a poco sarebbe nato un esecutivo da me presieduto, che poi sarebbe stato chiamato a decidere su Retelit», ha dichiarato nell’informativa al Parlamento del 4 novembre scorso.
Il parere legale sul possibile esercizio del golden power del governo nei confronti della società titolare di una rete in fibra ottica e comproprietaria un cavo internazionale per le telecomunicazioni Europa-Asia porta, tuttavia, la data del 14 maggio 2018. Si tratta, come ricostruito da Quarta Repubblica di Nicola Porro su Rete 4, del giorno successivo all’incontro di Conte con Di Maio e Salvini, alla ricerca di un premier per il loro governo. Incontro che ebbe esito positivo, come la storia recente testimonia. Ebbene, quel parere legale sosteneva che gli azionisti di maggioranza relativa Bousval (società lussemburghese riferibile al ministero libico delle Poste) con il 14,37% e Axxion (riferibile al fondo tedesco attivista Svm) con il 9,99% avessero difettato nel comunicare il controllo di fatto su una società di interesse strategico come Retelit. La fazione opposta, capeggiata dalla Fiber 4.0 di Raffaele Mincione (13,75%) e dall’imprenditore Alberto Pretto (6,29%) avrebbe potuto dunque ambire a invalidare l’assemblea di aprile 2018 che nominò l’attuale cda. Anche perché il governo Conte (sebbene il premier si sia assentato durante la delibera per evitare conflitti di interessi) pose quel diritto di veto in nome dell’interesse pubblico chiamato golden power.
Che cosa non torna, dunque? I corsi di Borsa tra il 14 e il 22 maggio 2018. Nel giorno di consegna del parere e in quello successivo il titolo Retelit non si muove molto e resta sempre attorno ai massimi del periodo 1,97 e 1,98 euro con scambi che si aggirano attorno al milione di azioni. Il 16 maggio qualcuno deve aver compreso che quel parere può cambiare le carte in tavola e partono sedute caratterizzate da pesanti vendite con conseguente crollo del prezzo sul mercato. Dal 16 maggio al 21 maggio 2018 Retelit perde il 21,3%, oltre un quinto del proprio valore con scambi che si aggirano attorno alle 7 milioni di azioni, sette volte la routine. Il 22 maggio un recupero del 9,67% con chiusura a 1,70 euro (lo stesso prezzo della chiusura di ieri) e 6,1 milioni di titoli passati di mano. Retelit in questo periodo non viene mai sospesa dagli scambi e il crollo non desta particolari sospetti. Anche perché, secondo quanto riferito da Quarta Repubblica, gli scambi sarebbero avvenuti tramite broker elettronici (meno tracciabili) e non attraverso le più trasparenti banche d’investimento.
«Eventi come questi rischiano di catapultare i mercati indietro di vent’anni», ha dichiarato Gianluca Ferrari, manager di Svm (che comunque ha presentato ricorso al Tar) e consigliere di Retelit. In ogni caso, la società tlc prosegue il proprio business e progetta di separare le attività in due subholding: la rete e il cavo da una parte e i servizi dall’altra. Se Conte avesse evitato di firmare il parere (per altro conseguendo un onorario modesto per un grande avvocato d’affari: 14mila euro), la situazione sarebbe più chiara.
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