«Per alcuni alimenti è insostituibile: la plastic tax serve solo per far cassa»
Scarsa attenzione alle dinamiche del commercio. Ignorato il fatto che al momento per alcuni settori, per motivi igienici più che economici, non ci sia un’alternativa alla plastica.
Accanimento verso un mondo, quello degli esercenti, che andrebbe invece sostenuto. Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio, spiega i motivi per cui la principale organizzazione dei commercianti chiede modifiche alla plastic tax.
Fino ad oggi non avete preso una posizione ufficiale. Siete in parte d’accordo con la nuova imposta sugli imballaggi monouso?
«No. Abbiamo inviato una nota al governo nella quale dichiariamo la nostra insoddisfazione per come è stato impostata la bozza di legge di Bilancio sul tema».
Quindi contrari alla plastic tax?
«Il principio che ha ispirato la norma è giusto e condivisibile, ma ci pare che l’obiettivo si potesse raggiungere in modo diverso, ad esempio incentivando l’informazione e la sensibilizzazione a un consumo responsabile piuttosto che penalizzare l’uso di plastiche. Anche perché in alcuni settori non si può evitare».
Si riferisce alla plastica utilizzata negli imballaggi dei prodotti alimentari?
«Sì. Per come è scritta la norma nelle bozze tutto quello che è plastica non completamente compostabile è soggetto alla nuova tassazione. Ma nel caso della conservazione degli alimenti, la plastica compostabile non è un materiale idoneo e non esiste al momento un’alternativa alla plastica tradizionale. Ci si sta accanendo su un settore che non ha certo bisogno di altri problemi. Senza contare che già oggi questi prodotti sono soggetti a un contributo importante, quello del Conai, che serve proprio a una corretta raccolta e riciclo. L’impressione è che ci si accanisca sempre sugli stessi».
Accanimento per fare cassa o c’è dell’altro?
«Non vedo altre motivazioni. Escluderei un accanimento di proposito, semmai una certa disattenzione già sperimentata in altri passaggi come il decreto clima, con l’incentivo ai prodotti sfusi».
Non andava bene?
«Dal provvedimento emergeva una scarsa conoscenza delle dinamiche di un punto vendita. L’evoluzione ha fatto si che per certi prodotti, per una questione igienica, non ci siano alternative all’imballaggio in plastica. Non sono state escluse dalla tassa nemmeno plastiche monouso che derivano da riciclo come il Pet. L’impressione è appunto che per perseguire un principio giusto, si mettano in campo delle procedure sballate».
Sperate in modifiche?
«Abbiamo sottoposto le nostre valutazioni al ministero, in particolare sul settore alimentare. Fino ad ora nessuna risposta dal governo, ma ancora c’è tempo».
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